Di Padre Fabrizio Cristarella Orestano
Comunità Monastica di Ruviano
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Battesimo del Signore
Is 42, 1-4.6-7; Sal 28; At 10, 34-38; Mt 3, 13-17
Con questa domenica si conclude il Tempo di Natale.
Si conclude con un’ulteriore epifania. Come è noto, nel giorno della Solennità dell’Epifania, anche se ha preso il sopravvento per motivi logici l’episodio del Magi, la Chiesa ha sempre celebrato le tre epifanie del Signore: quella appunto ai Magi, l’epifania al Giordano nel giorno del Battesimo, il segno di Cana di Galilea che è un’epifania del Signore all’embrione di Chiesa che è quella sua prima comunità di cui si dichiara sposo e ai cui dona il vino buono dell’Evangelo che la preparerà alle nozze di sangue sul Golgotha.
Nella liturgia romana l’epifania al Giordano ha assunto una sua fisionomia occupando la domenica successiva alla Solennità dell’Epifania chiudendo il Tempo di Natale ed aprendo il Tempo ordinario. In fondo è una collocazione logica perché il Battesimo dà il via alla missione ed alla vita pubblica di Gesù come Figlio di Dio e Messia.
Oggi sappiamo che il fatto del Battesimo al Giordano è il punto d’arrivo di tutto un percorso umano di Gesù… è un culmine di quel processo che l’Incarnazione ha innescato. Gesù , vero uomo, ha camminato nella fede lasciando che il Padre gli plasmasse il cuore, la mente e la vita; ha fatto delle scelte (nulla è possibile di veramente umano senza compiere concrete scelte costose!) che lo hanno portato a lasciare la casa ed i suoi ed a recarsi nel deserto dove si è messo alla scuola del profeta Giovanni il Battista; si è messo alla sua sequela come dice chiaramente lo stesso Battista quando dice: Colui che viene dietro di me mi è passato avanti (usa l’espressione tecnica della sequela che lo stesso Gesù userà poi per i discepoli: o opíso mou erchómenos). Oggi in massima parte si è d’accordo su questo punto tranne i soliti “doceti mascherati” che non tollerano che si dica che Gesù ha imparato, è cresciuto, ha compreso sempre più se stesso e il mondo. Chi assume tali posizioni dimentica (oppure minimizza) quello che Luca scrive alla conclusione del suo evangelo dell’infanzia: E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini (Lc 2,52).
Al Battesimo al Giordano dobbiamo capire che accade qualcosa di fondamentale prima a Gesù e poi anche a noi.
Cosa accade a Gesù?
In primo luogo accade che Gesù giunge all’esito di un lungo percorso di discernimento e di consapevolezza circa la sua identità e vocazione e ciò accade in concomitanza all’unzione che lo Spirito compie su di Lui, unzione profetica, regale e sacerdotale. Nell’Incarnazione il Verbo, per opera dello Spirito, era diventato Gesù ed ora nell’Unzione al Giordano diventa il Cristo, cioè l’Unto di Dio, il Messia. Scriveva Tertulliano nel suo “De Baptismo”: Si chiama Cristo perché Unto dal Padre con lo Spirito.
In ogni racconto del Battesimo dei Sinottici (oggi leggiamo la versione di Matteo) riveste una grandissima importanza la Voce del Padre che non solo scandisce l’identità di Gesù ma riconduce tutta la missione e vocazione di Gesù alla perfetta continuità con tutta la storia della salvezza che lo precede. Le parole del Padre hanno tre precisi retroterra antico testamentari: il primo è nel Salmo 2: Tu sei mio figlio. Un versetto nel quale, nel salmo, il Signore si rivolge al Re-Messia intronizzandolo come Messia e figlio (Marco e Luca fanno dire al Padre proprio questa stessa parola del salmo rivolta a Gesù: Tu sei il mio figlio, l’amato; Matteo preferisce una proclamazione per tutti: Questi è il figlio mio, l’amato); il secondo riferimento è proprio nella definizione di questo figlio, è l’amato (agapetós) che ci riporta subito al capitolo 22 del Libro della Genesi, alla scena del sacrificio di Isacco, in cui Isacco è detto per ben tre volte figlio amato. Essere figlio amato comporterà per Gesù passare per il dono totale di sé; il terzo testo che è evocato è l’oracolo di Isaia che è stato la Prima lettura di oggi; un testo che identifica Gesù con il profeta su cui Dio pone il suo compiacimento, è il Servo del Signore, il Servo sofferente che porta i peccati del popolo e lo salva attraverso una inspiegabile via di dolore.
Non è assolutamente un caso che i tre testi adombrati dalla Voce del Padre siano tratti ciascuno da una delle tre parti di cui è composta la Bibbia ebraica: la Legge (il testo della Genesi), i Profeti (l’oracolo di Isaia), gli Scritti (il riferimento del Salmo 2). È dunque tutta la Prima Alleanza che giunge a Gesù ed ha da dire una parola sulla sua identità!
Questi testi fanno una cosa sorprendente: aprono il tempo di Natale che oggi si chiude verso il compimento della Pasqua: a Pasqua l’Incarnazione si compie nel sacrificio dell’amore fino all’estremo.
Al Giordano il gesto di Gesù di mettersi in fila con i peccatori (andavano a farsi battezzare da Giovanni quelli che volevano consegnare i loro peccati!) è già una scelta di campo: Lui che non aveva peccato si mette dalla parte dei poveri, dei malati, degli iniqui. Li sceglie per condurli alla vita, alla verità, alla relazione con quel Padre di cui comprende di essere Figlio amato. Si mette in fila con loro per proclamare che anch’essi sono figli amati e che potranno essere immersi in quella stessa relazione di amore.
Per noi, allora, al Giordano cosa accade?
Di certo non accade che riceviamo un buon esempio da Gesù che si fa battezzare per dirci la necessità di farsi battezzare! È banale e purtroppo lo si ripete! A noi, invece, accade che la nostra umanità è unta di Spirito nell’umanità di Gesù: lo Spirito che riposa su di Lui ci verrà dato in pienezza se ci lasciamo liberamente immergere nell’amore di quel Signore che tutto si dona e nulla trattiene per sé.
Ad ogni uomo è annunziata la buona notizia che in Gesù tutti siamo fatti figli amati e da tali potremo vivere: così l’Incarnazione continua!