L’impegno artistico e sociale raccontato a Clarus
Mi sono avvicinato alla musica con lo stesso spirito con cui un naufrago si afferra alla zattera, in un mare in tempesta. Scoperta liberante, arma vincente, rivelazione, ricerca di se stesso, punto di partenza a d’arrivo, sintesi di passioni e dolori ed emozioni. Tutto questo è la musica per Sally Cangiano, autore e interprete di jazz, che ormai dall’adolescenza si accompagna ad una numerosa serie di chitarre, gelosamente custodite. All’età di dieci anni prende in mano il suo primo strumento: figlio d’arte, non smetterà più da quel momento di far scorrere le dita tra le corde tese alla ricerca di nuovi e diversi suoni. Sally inizia a creare musica da autodidatta, “studiandola” dai dischi del padre, proprietario in quegli anni di due radio private. Una preadolescenza fatta di dolore e solitudine: i chili di troppo che si notano sul suo corpo lo tengono lontano dagli amici e dal divertimento che un ragazzo di dodici o tredici anni vorrebbe ma non sa riconquistare… «La musica è stata la salvezza, il filo conduttore che mi ha permesso di sublimare quella condizione di disagio in cui ero piombato e da cui non riuscivo ad uscire».
A quindici anni conosce un pianista Jazz, l’allora ingegnere della Cartiera di Alife e amico di famiglia: l’austriaco Carl Schlipfinger. «Fu lui a lanciarmi fuori da certi schemi e fuori dal contesto musicale locale. Presto ho iniziato a viaggiare e a vivere di musica jazz visitando numerose città d’Italia». A Bologna entra a far parte di uno dei più importanti Jazz Club d’Europa misurandosi con artisti internazionali e “provando” le proprie capacità, come una vera palestra. «A soli diciotto anni ero stato catapultato come un soldato in trincea, in una realtà di cui non potevo avere chiara percezione: troppe emozioni, troppa adrenalina, troppa esperienza. Eppure fu quel momento a determinare il mio percorso successivo».
(Il racconto completo è su Clarus n.4-2012)