Le indagini si concentrano sul presunto complice che avrebbe informato la moglie della vittima. Capozzo in attesa di essere interrogato dai magistrati.
Dashamir Xhepa, l’albanese di 39 anni ferito a morte, nella notte tra il 6 e il 7 luglio a Gioia Sannitica, di furti ne aveva commessi diversi, già nel passato. Così tanti da essere arrestato, nel febbraio del 2005, dai carabinieri di Piedimonte Matese, che erano riusciti ad individuarlo dopo una serie di colpi messi a segno in case di campagna o villette isolate, tra Piedimonte Matese, Sant’Angelo d’Alife, Castello e San Gregorio Matese.
Riuscì a ottenere nuovamente la libertà per una serie di attenuanti, ma ha continuato, nel tempo, a commettere furti in abitazioni, sfidando persino la morte, incurante dell’ondata di esasperazione che, man mano, montava tra i residenti dei piccoli comuni dell’Alto Casertano. Fino all’altra notte, quando ha cercato di darsi alla fuga, correndo nel cortile dell’abitazione di Giovanni Capozzo, un carpentiere di 42 anni di Gioia Sannitica, che ha esploso diversi colpi di fucile puntando ad altezza d’uomo. Per Dashamir Xhepa non c’è stato più nulla da fare: è morto sul selciato, finito dai colpi dell’arma.
Una storia agghiacciante, raccontata dallo stesso omicida, Giovanni Capozzo, che intimorito dalla presenza di estranei nel cortile di casa sua, non ci ha pensato su due volte, ha imbracciato il fucile e ha fatto fuoco. Adesso Capozzo è rinchiuso nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in attesa di essere interrogato dai magistrati. Intanto, le indagini sull’episodio dell’altra notte, condotte dai carabinieri della Compagnia di Piedimonte Matese e coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica Silvio Marco Guarriello, sono concentrate sul complice che, molto verosimilmente, Dashamir Xhepa aveva con sé, nella notte tra il 6 e il 7 luglio. Sarebbe stato lui, infatti, con una telefonata anonima alla moglie dell’albanese rimasto ucciso, ad informarla dell’accaduto. La donna, a sua volta, si è rivolta ai carabinieri di Santa Maria Capua Vetere, che hanno informato la Compagnia di Piedimonte Matese.
Gli inquirenti ritengono che, nelle prossime ore, il complice possa essere identificato. Sulla versione dei fatti, comunque, sembra essere stato dissipato ogni dubbio, sulla base della ricostruzione fornita dallo stesso Giovanni capozzo. Una volta sceso nel cortile – riferiscono i carabinieri – Capozzo avrebbe avvolto nel cellophane il corpo senza vita di Dashamir e lo avrebbe poi portato, a bordo di un fuoristrada, sulle rive del vicino fiume Volturno, abbandonandolo. Sarebbe proprio l’occultamento di cadavere ad poter aggravare, a questo punto, la sua posizione processuale. (Fonte: Il Mattino)