Rischio multe se il nostro Paese non si adegua
L’Italia ha violato le norme UE sulla raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, sforando i tempi massimi per la loro applicazione.
Lo ha deciso la Corte di Giustizia europea, che ha dato ragione alla Commissione europea che nel 2009 avviò una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, colpevole di aver infranto le regole in diversi comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, in tutto un centinaio sparsi per la Penisola (da Reggio Calabria a Trieste, da Rapallo a Capri, da Frascati a Porto Cesareo, da Cefalu’ a Ragusa).
La sentenza è stata emessa oggi, e non fa altro, in questo modo, che ribadire l’obbligo di adeguarsi al più presto realizzando le opere necessarie. C’è anche la possibilità che in caso di nuove infrazioni, la Commissione possa chiedere all’Italia di pagare delle multe.
Le norme di cui si parla sono quelle che l’Unione europea ha introdotto nel 1991 con la direttiva 271, per proteggere l’ambiente e i cittadini dalle ripercussioni negative degli scarichi di acque reflue, fissando inoltre al 31 dicembre 2000 il termine ultimo per dotare tutti gli agglomerati urbani con 15mila o piu’ abitanti di reti fognarie. Obbligo, però, di sottoporre le acque a trattamento biologico prima di essere scaricate.
Nel 2009 la Commissione aveva deciso di aprire una procedura d’infrazione contro lo Stato italiano dopo essersi resa conto che decine di comuni – tra i quali anche famose localita’ turistiche – non si erano ancora adeguati alle regole imposte dalla Direttiva.
Nella sentenza pronunciata oggi dalla Corte sono in totale otto le regioni (Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Abruzzo, Lazio, Friuli Venezia Giulia, Liguria) citate perché sprovviste di una rete fognarie e impianti di trattamento adeguati.