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Obiezione di coscienza. Scelta responsabile

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Il pronunciamento del Comitato nazionale per la bioetica

Se ne è cominciato a parlare nei confronti dell’aborto o del servizio militare e, sicuramente, una forte spinta è venuta dal mondo cattolico. Si tratta dell’obiezione di coscienza nei confronti dell’uccisione di un essere umano nelle prime fasi della sua esistenza o quella nei confronti di portare armi, strumento di morte. Le due scelte hanno qualcosa in comune, perché costituiscono un no all’uccisione di un altro uomo. Affermano che non si può teorizzare un diritto a fare violenza sull’altro sino ad ucciderlo. Di fondo c’è una sensibilità squisitamente evangelica, che ha coinvolto tanti uomini e donne, anche non credenti, facendo maturare in molti un impegno per la pace.
Al momento, l’obiezione di coscienza è invocata dal farmacista, che non vuole vendere al banco preparati abortivi o quella vissuta dal personale medico e paramedico, che si rifiuta di partecipare alle interruzioni volontarie di gravidanza. E gli obiettori sono aumentati notevolmente negli ultimi anni, al punto da fare preoccupare i sostenitori dell’aborto, secondo i quali verrebbe meno il diritto – così dicono – ad abortire.
E, se invece, la pratica così diffusa dell’obiezione di coscienza fosse una prova naturale che non si dà mai un diritto a sopprimere la vita umana? I diritti civili, di cui si parla frequentemente, non si danno a scapito dell’esistenza dei più deboli o della verità sulla persona e sulle istituzioni umane.
Sull’obiezione di coscienza è recentemente intervenuto il Comitato nazionale per la bioetica, ribadendone il fondamento morale e la legittimità del suo esercizio. Che cosa avviene quando una persona dichiara la sua obiezione di coscienza? Essa manifesta: “Il rifiuto di obbedire a una legge rilevante in campo bioetico; il fattoche questo rifiuto è dovuto alla volontà di non violare le proprie convinzioni morali o principi religiosi; il desiderio di testimoniare con il proprio comportamento l’adesione a una certa visione del mondo; la richiesta (rivolta all’ordinamento giuridico) di legittimare il comportamento di disobbedienza in modo da non essere sottoposti a sanzione e quindi la necessità di ancorare l’obiezione di coscienza a valori costituzionali che la rendano compatibile con l’obbligo di fedeltà alla Repubblica e di osservarne la legge e la Costituzione” (“Obiezione di coscienza e bioetica”, p.5).
La persona testimonia l’esistenza di un ordine di valori, che supera la contingenza e la precarietà della scelta del momento. L’esatto contrario di quella mentalità contemporanea, che conduce a scegliere in base ai desideri o ai sentimenti dell’individuo. Ma qui sta la differenza sostanziale: l’uomo non è un individuo auto-fondato e chiuso nei recinti della propria autonomia; è una persona che vive nella relazione con Dio e con il prossimo. Egli è libero perché aderisce responsabilmente ad un ordine di valori, che non è il frutto della convenienza del momento, ma che ha ricevuto in una trasmissione, che passa di generazione in generazione.
Chi ci ha preceduto si è fondato su questi valori: e noi? Dietmar Mieth, teologo e filosofo tedesco contemporaneo, nota: “Ci permettiamo di esser insicuri su cose a proposito delle quali generazioni precedenti si attendevano con fermezza e si sentivano sostenute e confermate nel loro comportamento da norme e sanzioni sociali” (“Scuola di etica”, p.11). Se in passato non era necessaria l’obiezione di coscienza, perché la pratica medica era sostenuta dall’etica ippocratica, che proibiva interventi come l’aborto o l’eutanasia, oggi è necessaria e profetica. È il grido etico che sgorga dal profondo dell’uomo, che esiste un ordine superiore, che valuta le decisioni dei singoli, anche se conformi ad una legge. È la consapevolezza che i diritti sono tali se permettono la realizzazione di ogni persona secondo la verità della dignità umana.
Il parere del Comitato nazionale offre alcuni elementi minimali per l’esercizio dell’obiezione di coscienza, in quanto costituzionalmente fondata e, ancor prima, perché diritto della persona. Comprende che essa può nascere da valori morali e religiosi, che sono irrinunciabili e, quindi, è una forma della stessa libertà religiosa, che si ha quando la persona può astenersi da atti che vanno contro la verità divina.
Tuttavia, appare preoccupato di salvaguardare anche l’opinione contraria di chi ritiene che scelte come quelle dell’aborto siano da rispettare, in quanto diritti ormai riconosciuti per legge; raccomanda di rispettare gli obiettori di coscienza, ma anche i non obiettori; tutti vanno rispettati, ma le due posizioni hanno eguale valore da un punto di vista morale? Se il documento richiama molti elementi che esprimono la significanza e il valore dell’obiezione di coscienza, sembra, poi, tenere sullo stesso piano la scelta di chi rifiuta l’aborto e quella di chi la sostiene. Se le due posizioni hanno lo stesso valore morale non resta che chiedere al legislatore di garantirne gli spazi delle decisioni!
Marco Doldi (Agensir)

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