Home Territorio Sgarbo "signorile" in Prefettura. Scadente lezione di bon ton.

Sgarbo "signorile" in Prefettura. Scadente lezione di bon ton.

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La vicenda di don Maurizio Patriciello, redarguito con veemenza dal Prefetto di Napoli per una formalità.

Fa sorridere e fa infuriare, allo stesso tempo, la sortita del Prefetto di Napoli, Andrea De Martino, che nel corso di una riunione in Prefettura ha redarguito in maniera veemente un parroco anticamorra di Caivano, don Maurizio Patriciello (nella foto), reo di aver chiamato “signora” e non “Eccellenza” o “Signor Prefetto” il Prefetto di Caserta Carmela Pagano. La vicenda fa sorridere perché la reazione del Prefetto di Napoli, così spropositata, è sembrata a tal punto fuori contesto da farne perdere di vista ogni (eventuale) significato  e proprio perché, alla fine, ha praticamente attribuito alla parola “signore” o “signora” il valore di un’offesa. Fa infuriare, però, perché a un Prefetto, autorità alla quale si richiedono, innanzitutto, capacità di mediazione e di confronto specialmente nei momenti topici di un’emergenza, certi linguaggi e certi atteggiamenti non sono proprio consentiti. 
Il Prefetto De Martino, offeso dalla “signoria” istituzionale, ha dimostrato quanto sia profondo il solco che separa la gente dal Palazzo. Lo ha fatto nel peggiore dei modi: interrompendo l’intervento di un sacerdote anticamorra che denunciava, garbatamente e costruttivamente, palesi situazioni di illegalità sul suo territorio. E lo ha interrotto non per aggiungere, nel merito della questione, aspetti rilevanti ai fini delle decisioni da assumere, ma per una ridicola paternale di bon ton istituzionale (ingiustificata per i toni e per la violenza delle parole). Il Prefetto De Martino, in questo difficile momento di sconquasso sociale, alto funzionario dello Stato in una terra di barbarie, ha dimostrato che l’attenzione ai titoli vale più delle parole di denuncia, pronunciate da chi è abituato a vestire panni comodi e usare linguaggi “non convenzionali” – ma comunque corretti e garbati – nella sua quotidiana lotta contro illegalità grandi e piccole, che ottundono le coscienze e allontanano dalla fede, ma soprattutto dallo Stato. Un sacerdote aggredito con tale violenza verbale in una sede istituzionale era un episodio al quale non avevamo ancora assistito. Ferisce, soprattutto, un’espressione, quel “vada via se vuole”, all’indirizzo di un sacerdote-cittadino, perché il Palazzo della Prefettura non è casa “del Prefetto”, ma è proprietà di tutti i cittadini italiani.
Un simile atteggiamento, da parte della massima autorità governativa della provincia di Napoli, è un’ulteriore ferita al senso civico dei cittadini, offesi tutti i giorni non dalla mancanza di galateo istituzionale, ma dal malgoverno e dalla dis-amministrazione della cosa pubblica, dall’arroganza del potere e dagli abusi quotidiani commessi da chi, quel potere, dovrebbe metterlo al servizio della società, perchè dalla società promana. Meno titoli, più sostanza. Meno formalità, più attenzione al quotidiano. Soprattutto, più rispetto verso la gente “comune”.
(G. D’and. )

 

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