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Psicologia e sport: una ricerca sui comportamenti antisportivi degli adolescenti

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Antisportivi anche nella vita

Che relazione c’è tra i “valori” degli adolescenti e il comportamento in campo? Quanto conta l’educazione alle virtù come antidoto a “comportamenti antisportivi”? Sono questi alcuni interrogativi a cui intende rispondere una ricerca condotta dal Servizio di Psicologia dello Sport del Dipartimento di Psicologia dei processi di Sviluppo e socializzazione della Sapienza-Università di Roma, in collaborazione con la direzione del Torneo del Lemon Bowl 2012. La ricerca – alla quale è stato recentemente attribuito il premio Coni per progetti di ricerca applicati allo sport – verrà presentata il 6 novembre, a Roma (ore 9-16, Aula 3, primo piano, Facoltà di Medicina e Psicologia, Via dei Marsi), con un convegno dal titolo “SportivaMente. Temi di Psicologia dello Sport”, a cui parteciperanno psicologi, esperti, atleti, allenatori e dirigenti. “Attraverso un questionario – spiegano Fabio Lucidi, responsabile dl Servizio di Psicologia dello Sport, e Giampaolo Nicolais, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso il citato ateneo romano – abbiamo studiato atteggiamenti, motivazioni, valori di un campione di giovani tennisti partecipanti al torneo. Poi, per la prima volta, abbiamo avuto modo di mettere in relazione le loro risposte con il loro comportamento effettivo in campo”. I risultati dello studio mostrano come “la disponibilità all’inganno sportivo è influenzata da sistemi di idee che, da una parte, riguardano lo sport, dall’altra i valori individuali”. “La prima spinta – spiegano i promotori della ricerca – proviene da sistemi di valori individuali: solo le persone maggiormente orientate a valori di successo individuale e non di benevolenza sociale si mostrano disponibili a comportamenti antisportivi”. I valori, però, “rappresentano una condizione necessaria, ma non sufficiente perché l’individuo si comporti in maniera antisportiva”. Stando ai dati dello studio, infatti, “di tutti gli atleti che condividevano gli stessi sistemi di valori, solo quelli il cui obiettivo esplicito, nel tennis, era battere gli altri e non migliorare il proprio livello di gioco, effettivamente poi, in partita, mettevano in atto comportamenti antisportivi”. Nello sport – informano gli esperti – esistono due tipologie di comportamenti antisportivi. La prima fa riferimento al “cheating” (letteralmente, “imbrogliare”), e comprende tutti quei comportamenti che con l’uso dell’inganno violano le regole esplicite (i regolamenti) del gioco allo scopo di ottenere un guadagno o un vantaggio illegittimo. La seconda tipologia fa riferimento, invece, al “gamesmanship”, cioè a quei comportamenti che non violano direttamente le regole esplicite del gioco, ma il cosiddetto “fairplay”.

Fonte Agensir

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