Home Arte e Cultura Da Alvignano a Milano. Storia a ritmo di hip hop

Da Alvignano a Milano. Storia a ritmo di hip hop

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Arturo Minutillo. Il ballo, lo studio, il lavoro

La redazione – Arturo, classe 1992. La famiglia vive ad Alvignano, nella zona periferica ai confini con il comune di Caiazzo: è in questo secondo comune che il bambino, poi il ragazzo, frequenta la scuola primaria e i molti amici, prima di iscriversi all’Istituto Industriale di Piedimonte. E’ il percorso di ogni ragazzo di questa zona, che incontra gli amici, studia, se ne va in giro, sceglie delle passioni da seguire.
Per Arturo Minutillo a undici anni, questa passione è il ballo, e come spesso accade da queste parti, il ballo latinoamericano, la social dance, quella che aggrega di più, che fa “i gruppi” e li tiene insieme per serate intere,in un intreccio di passioni sportive, ma anche di divertimento, e stili di vita.
Non basta. Arturo (nella foto, il terzo da sinistra) chiede di più, e tra le sue curiosità giovanili intravede l’hip hop, forse perchè l’immagine di un ballerino hip hop si nota meglio e più delle altre, soprattutto durante l’adolescenza, perché i colori, i cappelli, i jeans lunghi e larghi fanno pendant…
Non è così, non è una moda passeggera quella del ragazzo di cui stiamo parlando. Ben presto diventa una scelta di vita culturale e professionale. Terminati gli studi superiori, qualche amico prova ad indirizzarlo verso altri luoghi: contesti dove il ballo non è solo lavoro o svago, ma soprattutto studio e crescenti competenze, stile di vita e una rinnovata passione per la vita. Destinazione Milano, seppur Arturo non sa cosa lo attende davvero. Qui inizia a studiare la cultura Hip Hop e la sua evoluzione «perchè – come lui stesso racconta – la musica cambia, e con essa cambiamo anche noi che viviamo di quest’arte. Ciò che conta di più, nel mio caso, è stato studiare l’orgine di questo genere musicale, il suo valore sociale come lotta alla discriminazione razziale». Un ballerino non solo è protagonista di una scena, ma testimonial di un messaggio forte, in questo caso, il rispetto per la diversità e l’accoglienza. Tutto questo è l’Hip hop in Arturo Minutillo. Milano diventa la sua nuova casa: lo studio presso l’Accademia Modulo Sectory; poi l’occasione di un lavoro nel momento in cui il coreografo della scuola, il ballerino Emanuele Cristofoli, propone ad Arturo il tuffo nel mondo dello spettacolo vero e proprio. Nasce un nuovo progetto dove protagonisti sono sette giovani che ormai compongono la consolidata compagnia Laccioland Company. Un misto di teatro-danza, dove a dialogare con il pubblico è l’anima dei ballerini che in perfetto stile urban, rivela di ciascuno identità ed emozioni: «Si è trattato prima di un percorso in se stessi, una vera e propria ricerca interiore e poi della messa in scena». Un’opera dal titolo Cre-Azione pensata per il teatro, dove per cinquanta minuti, attraverso una musica più ricercata, fuori dagli stereotipi comuni dell’Hip hop, i sette ballerini della Laccioland raccontano se stessi.
Per comprendere meglio chiediamo ad Arturo, il ruolo che lui riveste sul palcoscenico: «Non rivesto alcun ruolo, ma “ballo me stesso”. Siamo sette persone diverse, scelte di proposito perchè ognuno possa raccontare ciò che è nella vita quotidiana». A questo punto la domanda s’impone: chi è Arturo nella vita quotidiana? Lui non se l’aspetta, ma risponde volentieri: «Beh…io sono una persona molto chiusa in se stessa, anche se all’apparenza non dimostro tutto ciò. Evito di raccontarmi facilmente… Sbaglio se la chiamo estrema riservatezza? Non mi piace parlare della mia vita privata anche alle persone più vicine. Non preferisco quasi mai parlare di me. Solo la danza mi concede la libertà di dire tutto ciò che sono». Convinto di ballare e di andare oltre fin da subito, e con lui convinte anche le persone che gli vogliono bene.
Tra le sue prime “imprese”, la coreografia per lo spot promozionale dello spettacolo di Adriano Celentano all’Arena di Verona. Lo dice quasi sussurrando: non ama far parlare di sè in termini “propagandistici”. Quindi, diversamente da come pensiamo, ritorna a parlare di chi è, cosa che fino a quattro minuti fa non avrebbe fatto. L’arte di raccontarsi scende dal palcoscenico e al telefono si fa più intensa: «La danza è la mia vita; la Laccioland è il mio presente. Quanto al futuro, si vedrà. Gli impegni assunti adesso voglio portarli avanti con serietà nel rispetto di chi lavora con me e condivide con me questa esperienza». Grande determinazione.
A soli ventun’anni.

Pubblicato su Clarus n.3-2013

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