La Redazione – Una miniera di dati preziosi, in ogni senso. Il Catasto Onciario di Piedimonte Matese, anno 1754, ha subito un fruttuoso processo di restauro – oltre 1000 pagine ripulite e ripristinate nelle “perdite” causate da parassiti e umidità – che l’ha restituito alle mani di storici, studenti, ricercatori e chiunque un giorno vorrà sfogliare le sue pagine centenarie. Questo pomeriggio nell’auditorium comunale di San Domenico l’amministrazione comunale ha mostrato ufficialmente il risultato del lavoro di risistemazione del grande libro settecentesco che fotografa minuziosamente la società piedimontese dell’epoca, facendone un censimento, comprese proprietà e abitazioni, e indicandone i tributi da pagare. Fu proprio questo il motivo che spinse difatti Carlo di Borbone a predisporre la redazione di un simile documento, uno strumento indispensabile a seguito dell’introduzione all’epoca di un nuovo sistema per la tassazione dei beni. Ecco quindi che il Catasto Onciario diventa oggi, come ha sottolineato il professore Guido D’Agostino (professore emerito dell’università di Napoli Federico II), tanto una fonte storica eccezionale quanto la testimonianza di una innovazione in materia tributaria per il Mezzogiorno, senza contare il valore che un libro così antico può rivestire per la storia dei libri stessi e dei materiali utilizzati nella costruzione.
Nel corso dell’evento, introdotto dal vicesindaco e assessore alla cultura Costantino Leuci, è intervenuto anche Luigi Arrigo, direttore della biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino che ha collaborato nella fase progettuale del restauro, il quale oltre a illustrarne le fasi, ha tracciato le tipologie dei dati contenute del volume rapportandole alla società piedimontese di metà ‘700.
Il Catasto, restaurato grazie a un contributo regionale, rende possibile gettare una luce sul passato della città, e, custodito dalla biblioteca comunale, è a pieno diritto parte del patrimonio storico locale, senza alcun dubbio fondamentale anche per comprendere meglio la città di Piedimonte com’è oggi. Con ogni probabilità ne verrà fatta una copia in digitale in modo tale da renderne disponibile la fruizione con semplicità e sicurezza. Nel frattempo, con la collaborazione del professore Fernando Occhibove, è già esistente una documentazione fotografica sulle condizioni pre restauro.
Curiosità: l’ultima pagina del grosso libro, aggiunta successivamente alla sua redazione, prima letteralmente incollata sulla copertina rigida, è un atto che documenta lo stato dei lavori della basilica di Santa Maria Maggiore, nel 1773. Viene da sè quindi cogliere la portata di una pubblicazione del genere su cui gli storici in sala non vedevano l’ora di “mettere le mani”.