Secondo solo al Colosseo per dimensioni, di grande bellezza, subisce ancora troppa indifferenza
Ho svolto tutto il mio percorso di studi universitari a Santa Maria Capua Vetere, una città che accoglie un gioiello storico- artistico e culturale preziosissimo: l’Anfiteatro Campano. La sua importanza è innegabile. Pochi lo sanno ma, costruito tra la fine del I e gli inizi del II secolo d. C. sui resti di un preesistente anfiteatro di età più remota, esso è solo secondo per dimensioni al Colosseo. Può infatti ospitare fino a 60.000 spettatori.
La storia ricorda che, inaugurato nel 155 d.C. da Antonino Pio, subisce la distruzione a causa delle scorribande vandale e saracene, ed è utilizzato nei secoli successivi anche come fortezza dai principi longobardi di Capua.
Come il Colosseo, ha una struttura con quattro ingressi principali, ad arcate, decorate da busti e teste di divinità e sviluppata su ulteriori quattro piani. Anche i sotterranei similmente a quelli dell’Anfiteatro Flavio, sono enormi e articolati in profondi cunicoli, comunicanti tra loro, destinati sia agli attrezzi scenici sia alle più temute belve e ai gladiatori. Inoltre un particolare sistema di scale consentiva agli spettatori di poter raggiungere i posti assegnati, in base alle loro classi sociali, senza intralciarsi gli uni con gli altri. L’arena è ben conservata e presenta ancora tracce di botole utilizzate per introdurre, dai sotterranei, i necessari apparati scenici.
L’amarezza e il profondo dolore nel vederlo abbandonato, deturpato, ma soprattutto sottoposto a sguardi indifferenti, sono sentimenti che hanno accompagnato tutte le mie giornate universitarie. Della sua straordinaria bellezza e della capitale importanza si sono accorti in pochi: le varie amministrazioni locali, il Fai, le diverse associazioni hanno operato in più occasioni per la ri-valorizzazione del complesso archeologico ma, a mio avviso, troppo sporadicamente e privi dell’appoggio politico, sociale e culturale necessario, per adottare continuative misure di effettivo recupero. Tuttavia, come si dice spesso, “la speranza è ultima a morire”.
Accolgo, infatti, con entusiasmo la notizia secondo cui si preannunciano tempi davvero migliori. La Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta e il Consorzio Arte’m stanno dando vita, già in questi giorni, ad una serie di iniziative e offerte per i turisti, al fine di ridare visibilità all’area dell’Anfiteatro. È un connubio che unisce pubblico e privato. Il consorzio Arte’m, infatti, è un’impresa privata che si occupa, a livello europeo, della realizzazione di servizi aggiuntivi per il pubblico ( l’editoria, la comunicazione, la didattica , l’accoglienza), nell’ambito della promozione e gestione del patrimonio culturale.
I programmi prevedono che tutte le attività svolte siano in strettissima connessione con i preziosi reperti archeologici provenienti dagli scavi della stessa struttura. Tra questi, il “cippo pomeriale” con iscrizione “Iussu Imperatoris Caesaris qua aratrum ductum est”, importante perché la prima pietra tumulare ad essere stata trovata in situ e collegata ad un serie di altri tre reperti della stessa tipologia; e poi la “Vittoria” di dimensioni colossali che è stata restaurata e collocata all’ingresso del percorso per accogliere i visitatori.
Inutile dire che, nonostante sia felice di poter vedere nuova vita nell’ambito di una situazione che temevo irrecuperabile, speravo, in cuor mio, che i compiti preposti e proposti provenissero da ambienti “pubblici”, come le università, ad esempio, che avrebbero investito, sono sicura, tutte le energie disponibili e soprattutto avrebbero coinvolto generazioni di motivati ragazzi che aspettano solo di potersi rapportare de visu con l’ingente e urgente promozione del nostro patrimonio.
Francesca Costantino