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L'Argentina senza Bergoglio. Ecco cos'è.

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José Maria Poirer, direttore di “Criterio”, traccia un bilancio di questi primi tre mesi sorprendenti, a partire dalla scelta del suo successore per Buenos Aires. Sottolinea il cambiamento di stile che ne ha fatto un personaggio globale: “Credo che senta la responsabilità di essere il pastore della Chiesa universale. In Argentina si sentiva un uomo in lotta: con il governo argentino e con la Curia romana. Ora è in una situazione di superiorità rispetto al governo, mentre in Curia è lui che comanda”

Jorge Mario BergoglioNovanta giorni a Buenos Aires senza il cardinale Bergoglio. Novanta giorni in cui il popolo argentino continua a guardare al suo Papa con “tanta simpatia e amore”. Aspettando di incontrarlo presto a Rio de Janeiro, durante la Gmg, e chissà – si spera – magari l’anno prossimo in Argentina. Ne abbiamo parlato con José Maria Poirer, direttore di “Criterio”, la più prestigiosa rivista cattolica argentina. Novanta giorni a Buenos Aires senza il cardinale Bergoglio. Novanta giorni in cui il popolo argentino continua a guardare al suo Papa con “tanta simpatia e amore”. Aspettando d’incontrarlo presto a Rio de Janeiro, durante la Gmg, e chissà – si spera – magari l’anno prossimo in Argentina. Ne abbiamo parlato con José Maria Poirer, direttore di “Criterio”, la più prestigiosa rivista cattolica argentina.

Tre mesi senza Bergoglio: come l’arcidiocesi di Buenos Aires ha affrontato questo passaggio? Ci sono state difficoltà?
“La prima sorpresa è stata la nomina, come arcivescovo di Buenos Aires, di monsignor Mario Poli, che era vescovo di una diocesi sperduta nella pampa. Nessuno pensava che sarebbe stato scelto proprio lui. Monsignor Poli è un uomo di poche parole, è sempre accompagnato dal suo clero. Anche se è diverso da Bergoglio, sembra seguire la sua linea pastorale e politica: ha un atteggiamento critico nei confronti del governo argentino, sta mantenendo i rapporti ecumenici e interreligiosi, continua a dare impulso al lavoro dei sacerdoti nelle ‘villas miserias’. Finora non ci sono state difficoltà particolari”.

Come l’Argentina guarda oggi al suo Papa?
“Il popolo lo guarda in genere con tanta simpatia e amore. La politica invece è un po’ divisa: l’opposizione cerca di dimostrare affetto nei suoi confronti, il governo cerca di nominarlo il meno possibile. Un momento importante per gli argentini sarà la partecipazione dei giovani alla Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro. Saranno tantissimi, come non è mai successo nelle Giornate mondiali precedenti: si stanno preparando alacremente nelle parrocchie, nelle scuole, nelle associazioni. Si pensa che il Papa, in quell’occasione, si rivolgerà ai giovani argentini, per dare loro un messaggio specifico. I media seguono il Papa tutti i giorni, continuano a considerarlo una notizia importante”.

Il popolo argentino lo attende a casa?
“Certo, ma a quanto pare non sarà presto. Forse bisognerà aspettare fino all’anno prossimo per vederlo di nuovo in Argentina. A ottobre ci saranno le elezioni di una parte dei deputati e senatori. Bergoglio è consapevole che la sua presenza potrebbe influenzare i risultati elettorali, per questo non viene”.

Un sintetico bilancio di questi tre mesi?
“Finora sono stati soprattutto gesti, annunci. Ancora non ci sono fatti che possono indicare una politica concreta. Non si sa chi sarà il Segretario di Stato, non si sa cosa succederà con lo Ior, non si sa cosa farà il Consiglio dei cardinali. Siamo ancora in un momento d’innamoramento nei suo confronti, molto pastorale, molto semplice”.

 Riconosce nello stesso uomo l’arcivescovo di Buenos Aires e il Papa?
“È molto cambiato nell’immagine pubblica. Già è strano vederlo sempre in tv o sui giornali. Qui era molto schivo, non rilasciava spesso interviste. Non è facile riconoscere l’uomo di poche parole, con poche persone intorno, che vedevamo a Buenos Aires. Ora è un uomo di grande fascino e capacità comunicativa. Qui non parlava a braccio, ora improvvisa sempre. Oltre al fatto che sicuramente è stato toccato dalla grazia, credo che senta la responsabilità di essere il pastore della Chiesa universale. In Argentina si sentiva un uomo in lotta: con il governo argentino e con la Curia romana. Ora è in una situazione di superiorità rispetto al governo, mentre in Curia è lui che comanda. Una sua difficoltà potrebbe essere la poca abitudine a lavorare in équipe. È un uomo con una forte personalità, molto riservato, spesso prende le decisioni in solitudine, durante la preghiera o di fronte a dei libri. Ora dovrà imparare ancora di più a lavorare insieme agli altri”.

Come valuta i suoi gesti più eclatanti, come la rinuncia all’appartamento papale?
“È sempre stato un uomo sconcertante. La scelta di vivere a Santa Marta, insieme agli altri, propone un’immagine di cambiamento, di povertà, di semplicità. È un uomo molto autentico e consapevole, non ha mai fatto finta di essere austero o povero. Lo ha fatto perché sente veramente ciò che fa e perché vuole dare un messaggio”.

 E ora, dopo tre mesi, cosa ci si aspetta da Papa Francesco?
“Penso sia il momento della normalità. Cioè capire quali sono le linee del nuovo governo rispetto alla Segreteria di Stato, le finanze, la collegialità nel mondo. Quello che ha detto sulla tolleranza zero nei confronti dei pedofili nella Chiesa è stato molto chiaro. Continua la politica di Joseph Ratzinger, in un modo e in uno stile di comunicazione e approccio molto diverso”.

Patrizia Caiffa – Agensir

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