Il 27 giugno la Diocesi di Alife-Caiazzo fa memoria di San Ferdinando d’Aragona, vescovo di Caiazzo e compatrono diocesano
La Redazione – Come avviene ormai da secoli, le comunità di Alvignano e Dragoni questa mattina si sono ritrovate nel luogo che custodì a lungo le spoglie mortali di San Ferdinando D’Aragona oggi patrono dei due paesi.
Prima dell’alba, partiti rispettivamente dai due comuni, i fedeli in processione hanno raggiunto la Basilica di Santa Maria di Cubulteria dove ad attenderli sul far del giorno c’era il Vescovo S.E.Mons.Valentino Di Cerbo che ha presieduto la celebrazione eucaristica: il primo vescovo della Diocesi presente alla celebrazione dell’alba tanto cara alle due comunità; un momento che segna l’inizio di un giorno diverso in cui la preghiera al santo patrono precede ogni attività e ugualmente la conclude. Infatti questa sera, calate le luci del giorno gli alvignanesi ritorneranno sul luogo per riprendere la statua del Santo e ricondurla in parrocchia. Così avveniva in passato: i contadini che all’alba prendevano la strada dei campi, in questo giorno di festa portavano con sè il busto di San Ferdinando fino alla Basilica per poi riprenderlo al ritorno dal lavoro. Una vicinanza non solo geografica ma anche spirituale quella che unisce nella fede Alvignano e Dragoni che oggi nella figura del loro Vescovo ha trovato un nuovo invito a condividere la propria vocazione alla santità. In San Ferdinando d’Aragona, Mons.Di Cerbo ha indicato la strada che crea ponti tra gli uomini e Dio, e tra tutti i battezzati.
Mentre la festa del 27 giugno ha un aspetto del tutto religioso, la seconda domenica di Luglio, per gli alvignanesi assume un carattere più civile, infatti la festa di Luglio ricorda l’istituzione della fiera da parte di Alfonso I d’Aragona re di Napoli in seguito al dono, da parte del popolo di Alvignano, del calice usato da San Ferdinando per la celebrazione dell’eucarestia.
San Ferdinando. La storia e la spiritualità
di Francesca Costantino
“Il Ritorno annuale della festa di S. Ferdinando, nostro vanto e nostro orgoglio, sia reprensione al freddo andamento spirituale, come pure invito a spoltrirci e a tirare dritto alla meta del perfetto cristiano”. Queste le parole di Don Biagio Mugione, in un’omelia del 1941, rivolta alla comunità di Alvignano.
La figura di San Ferdinando domina i cuori e le preghiere degli alvignanesi.
Ma chi fu, in vita, pochi lo ricordano.
Un uomo semplice, un uomo che seppe spogliarsi dei suoi cospicui beni per accogliere in pienezza, la missione che Dio gli aveva affidato. Le sue regali origini (era infatti figlio di Sancio III il Grande, re d’Aragona e di Elvisa, Contessa di Castiglia) ebbero sicuramente il merito di avviarlo ad uno studio severo e costante delle varie discipline, come consuetudine per un futuro sovrano. Gli Aragonesi, inoltre, dinastia cattolicissima, non esclusero l’approfondimento della fede cristiana, e fu, dunque, questa progressiva conoscenza, ad avviarlo verso l’esercizio concreto e l’acquisizione di quelle che lui stesso definiva “virtù cristiane”: i sacramenti, i sacrifici, le preghiere, l’ascolto, il silenzio. Quando i tempi furono maturi per compiere una scelta, anzi, la scelta, il giovane Ferdinando seppe con certezza cosa fare: rinunciò alle ricchezze paterne, agli agii, alle comodità, alla posizione sociale e alla sicurezza economica che la sua famiglia poteva garantire e, felicemente innamorato, travolto e sconvolto dalla chiamata di Gesù, volle seguirlo, povero e “nudo”. Il primo passo fu compiere un lungo pellegrinaggio, presso le tombe degli Apostoli a Roma, per proseguire poi verso la Terra Santa. Fu proprio lungo questo cammino, che decise di fermarsi nelle nostre zone, presso il monte Tifata, e qui iniziare un periodo di penitenza, raccoglimento e solitudine. Gli abitanti dei nostri villaggi, però, si chiedevano chi fosse, e osservate le sue penitenze e attratti dalla sua persona, iniziarono a seguirlo, convinti che fosse un sant’uomo, a cercarlo, per la guarigione degli indemoniati e degli infermi. La sua fama si diffuse rapidamente e nel 1070, in un momento in cui la sede vescovile di Caiazzo restò vuota, il popolo, all’unanimità, volle che il povero eremita “delle montagne” fosse eletto vescovo.
Inutile ribadire che l’umile accettazione di tale impegno fu animata dalla sicurezza di compiere solo la volontà di Dio. Il suo magistero, infatti, fu realmente incentrato sulla diffusione ed esercizio dei principi cristiani, soprattutto come strumento di “sollievo” dalle fatiche quotidiane, dagli affanni, dalle oppressioni.
L’Episcopato durò dodici anni ma il suo ricordo travalica, ancora oggi, secoli e secoli. L’ultima visita pastorale avvenne in Alvignano, presso la Chiesa di Santa Maria di Cubulteria. Il suo fisico, già provato da febbri continue, non resistette. Spirò il 27 Giugno del 1082. La sepoltura avvenne, per sua volontà, nella chiesa che lo aveva accolto per l’ultima volta.
San Ferdinando è, dunque, per la memoria collettiva, il Buon Pastore, colui che soccorre e cura, in nome di Cristo, il suo“gregge”. Per gli Alvignanesi, e non solo, è punto di riferimento, certezza incrollabile ed è per questo che,oggi, uniti nel suo nome, una preghiera spesso ricorre:
“Donaci di seguirti e aprire il cuore agli ultimi,
che tanto in vita amasti, fino a donarla a loro:
umiltà e carità tu donaci
o Nostro Protettor”