“Come non ricordare la nascita di Clarus, sua creatura”
di Emilio Salvatore | Monsignor Pietro Farina è stato nostro vescovo dal 16 febbraio 1999 al 25 aprile 2009; contando anche l’anno di amministrazione apostolica, per ben 11 anni. Su questo periodo di tempo, bello ed anche complesso, ricco di speranze ma anche di tante difficoltà, distinguerei subito due tipi di relazione tra un presbitero e il suo pastore: la collaborazione pastorale, sempre schietta e sincera, per il bene delle persone e per amore della Chiesa, e i momenti di familiarità, forse i più veri, vissuti nella informalità.
Insieme abbiamo condiviso l’amore per la Parola di Dio, con cui entrare in comunione con il Signore della vita (come non ricordare i tanti momenti di approfondimento biblico vissuti insieme), ma anche l’amore per le parole tra gli uomini (come non ricordare la nascita di Clarus, il nostro periodico diocesano, sua creatura, nella quale sono stato da subito coinvolto).
Una volta mi disse come amava gli studi dei biblisti, ma non quelli che si soffermano sulle strutture, quanto quelli che sono capaci di individuare un lemma e sulla base di questo aprire delle prospettive interpretative nuove. Forse aveva in mente il P. Vanhoye, che volle invitare in diocesi prima del Congresso Eucaristico Diocesano.
In tutte queste occasioni è sempre emersa la sua visione strategica attenta alla comunicazione della buona notizia nel nostro territorio, sempre incline a cogliere i nuovi segnali che si affacciavano sulla ribalta della scena mondiale, nazionale, regionale e locale. Ricordo il suo stupore di fronte ad internet, che allora cominciava a diffondersi in Italia. Nella sua visione la comunicazione avrebbe favorito a livello ecclesiale – e come dargli torto – anche la comunione.
Un’altra particolare sensibilità spirituale ci accomunava: l’amore alla Madonna, che esprimeva nella particolare predilezione per la Vergine Immacolata, per la nostra Parrocchia-Santuario mariano, in cui il 1 maggio era un appuntamento da non mancare, e per la Vergine Assunta, titolare della Cattedrale di Alife, della concattedrale di Caiazzo e della sua piccola antica parrocchia di Mezzano. Per lui a Lei già dall’inizio della sua malattia abbiamo elevato una preghiera incessante.
Ma anche l’altra dimensione, quella più relazionale, affiora alla mia coscienza, pensando ai tanti momenti vissuti insieme soprattutto i pellegrinaggi (penso a quello in Turchia nelle chiese dell’Apocalisse), con le conversazioni personali, gli scambi anche molto forti sulle scelte da fare nei quali il rispetto e la franchezza, pur nella differenza dei ruoli, erano la parola d’ordine. In mente affiorano tanti ricordi ma soprattutto uno. Nell’estate del 1999, a pochi mesi dal suo ingresso, subito volle che vivessimo insieme un Pellegrinaggio in Terra Santa. Ricordo che fece di tutto, affinché io vi partecipassi, nonostante dovessi partire in ritardo, a causa di un matrimonio da celebrare. Per tutto il viaggio mi fece sedere accanto a sé e mi raccontò il suo amore per la Terra del Santo. Mentre salivamo da Gerusalemme a Gerico e da lontano appariva la Città Santa, le lacrime, che raramente gli affioravano in pubblico, cominciarono a sgorgare al canto delle ascensioni: “Rallegrati, Gerusalemme, accogli i tuoi figli nelle tue mura!” (Salmo 121).
Ora in quel cammino Egli davanti a noi cammina, salendo e cantando, verso la Gerusalemme del cielo.