Il dipinto di Filippino Lippi traduce visibilmente la funzione salvifica compiuta dai messaggeri di Dio
di Francesca Costantino
Alcuni ritengono che gli Arcangeli siano il “PENSIERO di Dio”. È una definizione più che condivisibile, anzi, aggiungerei che rappresentano tre aspetti del suo “pensare”: la fiducia, il coraggio e il predisporsi in cammino.
Vi chiederete perché. Mi spiego subito.
Gabriele è lo strumento attraverso cui il Padre ci chiede di essere umili e disponibili, quando, spaventati e disorientati, siamo di fronte alla scelta di dire il nostro “Eccomi” all’annuncio, alla buona novella. È d’altronde l’angelo che prospetta l’attesa a Maria, che la saluta porgendole un giglio, simbolo della sua candida e innocente purezza, che assiste all’accettazione incondizionata e amorevolmente servile di una giovane donna.
Michele è il coraggio di scegliere e di lottare per la realizzazione della medesima buona novella, di un piano di vita fedele e conforme a sentimenti di assoluta armonia e pace interiore. È, infatti, l’angelo che trafigge con la spada le mostruosità in cui si conforma il male, che sconfigge le ingiustizie, i pregiudizi, le indifferenze. È il guerriero rivestito di luce che squarcia le tenebre dell’immoralità e della degenerazione.
Raffaele è la certezza di dover compiere un viaggio, un percorso di vita lungo, faticoso, forse insidioso, ma comunque guidato sempre dall’amore di Dio che risana, sorregge, conforta, unisce. È, pertanto, l’angelo che guida Tobia, che gli indica la strada più sicura da percorrere, accingendosi, poi, a prendere parte allo stesso cammino. Ma è anche l’angelo della guarigione fisica e morale, nel caso si incappi in pericoli o si cambi rotta, deviando il percorso.
L’opera di Filippino Lippi “I tre Arcangeli e Tobiolo”, conservata presso la Galleria Sabauda di Torino e risalente al 1485, ben esemplifica la distinzione semantica che l’iconografia cristiana attribuisce ai tre arcangeli, anche grazie alla presenza di simboli che diventano i loro attributi specifici: Michele brandisce una spada e stringe un piccolo globo sormontato da una croce; Raffaele accompagna “paternamente” il piccolo Tobia per mano; Gabriele stringe il ramo di giglio fiorito.
Il quadro, tecnicamente definito “di chiara ascendenza botticelliana”, per la presenza di riferimenti legati alla maniera rinascimentale (la sinuosità delle vesti, la dolcezza dei lineamenti e l’accenno ad un brullo paesaggio), è a mio avviso interessante e, oggi più che mai, pertinente per ricordare di affidarci, nei nostri momenti di caos interiore, a tre specifici “esecutori” del pensiero divino, depositari e custodi di una preziosa unità d’intenti.