Una parola per tutti: gli ammalati, gli amministratori, i giovani, le famiglie. Forte il suo appello perchè dalla terra malata riemerga l’odore della speranza
La Redazione – Pregare, predicare, dare udienza: si è presentato con questi tre verbi, S. E. Mons. Antonio Di Donna, in occasione del suo ingresso nella Diocesi di Acerra, citando i suggerimenti che San Alfonso offre come programma ad un buon vescovo. Domenica ha salutato la sua nuova Chiesa (è stato in questi anni vescovo ausiliare di Napoli) prediligendo gli ammalati, i sofferenti. Si è infatti recato presso la clinica “Villa dei fiori” alle porte della città per abbracciare i pazienti ricoverati. Solo dopo, in Piazza Castello, il saluto alle Autorità Civili e Militari: inevitabile il riferimento al grave disagio economico, ambientale e sociale della terra che come pastore Mons. Di Donna dovrà orientare nella fede, con speranza e sempre rinnovata fiducia.
Per tutto questo, ha chiesto sincera e partecipata collaborazione tra tutti: “Cari Sindaci, auguro che le nostre città abbiano una vera rinascita. In che modo? Mantenendo alta la guardia! Dobbiamo vigilare e difendere con le unghie il futuro dei nostri figli. Non possiamo permetterci nessuna forma di disattenzione se non vogliamo che le generazioni future debbano dire che siamo stati degli sciocchi egoisti. Ce lo chiedono tutti quelli che in questi anni sono morti troppo presto per silenzi e complicità. Non venga meno la vigilanza, il controllo del popolo, non venga meno questo risveglio delle coscienze, non venga meno la partecipazione popolare”.
Al termine, la consegna delle chiavi della città e poi l’ingresso in Cattedrale per la presa di possesso canonico, alla presenza di un gran numero di fedeli, del clero diocesano e dei tanti Vescovi campani. Omelia che trae dalla Parola di Dio del giorno ogni opportuno riferimento per presentarsi come Pastore, perchè – come egli stesso ha precisato – “Io non ho un programma, il mio programma è il Vangelo, la parola del Signore…(…) Vengo a portarvi una buona notizia: Dio non è il Dio dei morti ma dei viventi. Questo annuncio deve venire prima di ogni altra preoccupazione, deve starci a cuore, soprattutto a me Vescovo: non vorrei che l’amministrazione ordinaria della Diocesi mi distragga dall’annuncio del Vangelo”. In nome di questa vita, che solo da Dio è donata, le parole del Vescovo si volgono alla sua nuova comunità, e guardano al dolore e alla delusione dei giovani e delle famiglie, alle speranze disattese che attendono risposte vere e autentiche, al grido che ogni giorno da questa terra si innalza a Dio: “Mi unisco al grido di giustizia che sale dalla nostra gente, e mi unisco a quel risveglio di coscienza e di partecipazione popolare che sta coinvolgendo molti cittadini. Partiamo da questo grido, intercettiamo questa fame di vita, facciamo alleanza con essa per annunciare il Dio dei viventi, contro le profezie di morte che si susseguono in questi giorni. Recuperiamo il rispetto “per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, e per sora acqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta”.