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Santa Caterina d'Alessandria, vero esempio di coraggio e di denuncia

1947
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Contro la violenza, parole di vitae di speranza

Francesca Costantino – È certo un caso festeggiare Santa Caterina d’Alessandria e ricordare oggi tutte le donne vittime di violenza, tuttavia si tratta di una casualità densa di significati. La storia di Caterina vive di leggenda e verità, ma è piena di riferimenti che potrebbero essere ricondotti a quelli che definiamo “tempi moderni”. È una giovane donna, brillante, affascinante ma soprattutto colta.440px-Raffael_stcatherina
Nasce nell’Egitto della dominazione romana e della rapida diffusione del paganesimo. Studia moltissimo, approfondisce ogni campo del sapere (tanto che la storiografia successiva l’ha spesso confusa con la scienziata Ipazia) e riesce a dotarsi di una proprietà di linguaggio tale da essere paragonata ai più grandi retori della storia. Tuttavia la sua curiosità scientifica e umanistica è basata anche su una profonda e salda fede cristiana, che con caparbietà intende annunciare e propagare presso la sua gente. Ma la presenza dell’incaricato romano Massimino Daia costituisce un centro troppo forte di negazione dei principi del cristianesimo, cosicché Caterina decide di “lottare” in prima persona e a costo della vita, per limitarne il potere. In un giorno di festa e di sacrifici pagani, la Santa si presenta a corte, coraggiosamente determinata a esprimere le sue avversioni, per riti considerati inutili e ispiratori di violenza, e a convertire il governatore a sentimenti di pace, a cui conduce solo l’amore di Cristo. Di contro, il Daia, raccoglie velocemente un’assemblea di retori, per convincerla dell’idolatria  e portarla ad abbracciare la religione pagana. Tuttavia, Caterina riesce con la sua eloquenza, non solo a controbattere le affermazioni dei saggi, ma altresì a convincerli delle sue ragioni, così da indurli alla conversione. Fortemente deluso e intimamente spaventato, il governatore ordina la condanna a morte della Santa, previa tortura con inumani strumenti, tra cui la ruota dentata che diventa, nell’iconografia cristiana, primario attributo del suo riconoscimento.
La tavola di Raffaello Sanzio, infatti, conservata alla National Gallery di Londra e risalente al biennio 1507/1508, è conforme alla simbologia agiografica e alla tradizione pittorica rinascimentale. Santa Caterina è ritratta a mezzo busto, sullo sfondo di un paesaggio ocra, dal tepore autunnale. L’unico dettaglio che ci suggerisce l’identificazione è proprio la ruota, alla quale si appoggia delicatamente con un gomito, portando immediatamente l’occhio sulla simbologia numerica che accenna con le dita della mano sinistra (il numero tre indica la Trinità), quasi a voler spiegare la  felice ragione del suo martirio. Raffaello non propone altri simboli :non c’è la palma del martino, non c’è la corona e neppure il libro. La rappresentazione della donna basta, ma è senza dubbio più eloquente interrogare lo sguardo luminoso che, rivolto al cielo, non fa che esprimere pia fede, trasporto e sicura disposizione alla divina volontà. Anche la torsione lieve del busto e la resa dei panneggi, con i colori in forte contrasto, contribuiscono  a chiarire il mistico orientamento e l’univoco moto dell’anima, oltre che sottolineare la resa plastica dei volumi e l’umanità carnale della donna.
Credo, quindi, che Caterina oggi richiami la nostra attenzione, richiami ad alimentare quella forza vitale e spirituale che deve necessariamente dimorare in ogni donna: una forza che si esprime in parole di vita e speranza, soprattutto presso coloro che paurosamente tacciono.

 

1 COMMENTO

  1. “Il silenzio è d’oro”quando serve a far parlare le azioni con un linguaggio di operosità concreta che porta veri frutti.La Santa ci fa comprendere come tirare fuori la forza della verità , strumentalizzata a proprio tornaconto ,per puro gusto di supremazia sull’altro.

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