Ieri sera nella Basilica Concattedrale di Caiazzo la messa Pro Episcopo in occasione della festa onomastica del vescovo Valentino Di Cerbo: “Prendere la propria croce significa appassionarsi al Vangelo”, così il Vescovo durante l’omelia
La Redazione – E’ stata l’occasione per una catechesi sul valore del martirio, sul significato profondo che implica la scelta di prendere ciascuno la propria croce e seguire Cristo, così come indicato dal brano dell’evangelista Luca proclamato durante la Messa (“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” Lc 9, 23): in questo modo il Vescovo Valentino Di Cerbo ha condotto l’omelia durante la celebrazione di ieri sera, a Caiazzo.
Il martirio di San Valentino è la testimonianza forte di un uomo – e con lui numerosi altri nella storia – che ha scelto di caricarsi della “propria” croce e quindi appassionarsi al Vangelo e percorrere la strada da esso indicata ossia la via dell’annuncio, della carità e della gioia.
“Cosa significa – ha domandato il Vescovo – prendere la propria Croce, secondo la logica di Gesù?”.
Mons. Valentino Di Cerbo ha colto l’occasione per parlare ai presenti – sacerdoti e laici – dell’identità del cristiano, “di colui che sceglie la croce – che non corrisponde ad un incidente di percorso o ad un atto violento di Dio nei confronti delle sue creature – decidendo così di servire il Regno in maniera incondizionata e autentica, appassionandosi alla sorte degli uomini, amandoli fino in fondo, fino a dare tutto di se stessi”.
Un percorso che incrocia inevitabilmente il dolore, lo scontro, l’invidia, preoccupazione, il sacrificio: il Vescovo traduce queste difficoltà mediante l’immagine di alcuni personaggi che si sono anteposti al cammino stesso di Cristo “e sono i Barabba, i Pilato, gli Erode, i nemici, i traditori, le folle incapaci di comprendere…che però non intralciano il cammino di chi, appassionato davvero del Vangelo, non vede alcuno ostacolo dinanzi a sé”.
Mons. Di Cerbo, fa riferimento anche al cammino della Chiesa locale dove la gioia e la fatica si accompagnano al quotidiano evangelizzare, dove tuttavia non vengono mai meno l’entusiasmo e il vigore che accompagnano ogni vera testimonianza: è motivo di gioia il momento storico che la Diocesi vive grazie alla ripresa della Visita pastorale, che sta rivelando un solido tessuto di fede, carità e impegno nelle comunità ove il Vescovo si è già recato. E’ motivo di fatica, il contesto generato dal sisma del 29 dicembre che ha visto Di Cerbo e collaboratori fare i conti con i danni subiti da numerose chiese (sono 14 gli edifici chiusi al culto), l’interruzione di diverse attività pastorali, le richieste d’aiuto e di assistenza a cui con opportuna discrezione è stato dato il sostegno necessario.
“Una fatica nascosta, così l’ha definita il Vescovo, che si deve scontrare con le preoccupazioni, con le tante lentezze burocratiche, con un senso di impotenza di fronte a decisioni che devono essere prese dagli organi competenti. Una fatica che non teme ostacoli, se nel nostro cammino ci lasciamo condurre da Cristo e decidiamo di portare quella croce”.
L’immagine del portare la croce torna come filo conduttore della catechesi tenuta da Mons. Di Cerbo che ha invitato ad essere, sull’esempio del martire Valentino, annunciatori della buona notizia, della speranza. Citando l’esortazione Apostolica di Papa Francesco, Mons. Di Cerbo ricorda però che “annuncia il Vangelo una Chiesa che è capace di riformarsi, di mettersi in discussione, di verificare continuamente le strutture umane che la compongono purificandole e rinnovandole e poi partire con coraggio, di uscire e osare gesti di fraternità e di perdono”.
Come vuole ogni occasione di festa, un singolare scambio di doni, non prima di aver posto una domanda a tutti: “Ma noi, siamo davvero uomini e donne appassionati al Vangelo? In questo giorno dedicato al vostro Vescovo, vi chiedo il dono di una preghiera speciale: chiedete al Signore per il vostro Pastore la passione per il Vangelo e per Gesù Cristo; chiedete a Lui di farmi avvertire l’insofferenza di aver dato poco quando ho fatto tutto quello che potevo fare”. A questa richiesta si è aggiunta quella che Di Cerbo ha fatto invece al Signore per la Diocesi di Alife-Caiazzo: “Prego perché questa Chiesa sia viva e coraggiosa, perché vengano messe da parte le piccole miserie ed ambizioni per far spazio invece all’unica vera ambizione, quella di essere grande famiglia missionaria”.
Al senso di famiglia riunita intorno al Vescovo si lega anche l’augurio ufficiale (che ancora una volta assume i toni della preghiera) formulato da Mons. Alfonso Caso a nome del Clero e della famiglia diocesana: “Questa famiglia spirituale vive oggi l’evento del suo giorno onomastico, nella preghiera, il segno più grande della sua dimensione comunionale, e nella comunione dei Santi. L’augurio è che vostra Eccellenza cresca “in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini”. In sapienza, perché la sua guida pastorale e il suo annuncio si carichino ogni giorno di più di profezia. In grazia perché la vocazione alla santità, cui ogni battezzato è chiamato, sia non solo il programma della sua vita, ma diventi la forza della sua missione nella Chiesa ed in questa chiesa di Alife-Caiazzo”.