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Papa Francesco. “Servitori non padroni”

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Il mandato affidato da Papa Francesco ai nuovi cardinali

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Papa Francesco e il neocardinale Mons. Pietro Parolin, Segretario di Stato

di Franco Zavattaro (Agensir) Servitori non padroni. È il compito che Francesco consegna ai nuovi cardinali, ma ancor più è il compito che il Signore affida ai suoi discepoli. Siamo ancora, per quanto riguarda le letture domenicali, nelle pagine che in Matteo fanno seguito al discorso della montagna, e a quella apparente contraddizione tra Antico e Nuovo Testamento, tra “avete inteso che fu detto” e il “ma io vi dico” di Gesù. Le norme introdotte nel testo biblico per impedire abusi e arbitrarietà, trovano nella parola del Signore un ulteriore passaggio per costruire un mondo più unito nell’amore: “Voi siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”.
concistoroEcco l’obiettivo cui tendere e che ha come presupposto quell’“amare i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” che si contrappone all’“amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico” iscritto nella legge del taglione, che voleva essere un freno imposto alla vendetta indiscriminata. Per essere suoi discepoli, Cristo ci dice che bisogna strappare dal cuore la radice stessa della vendetta e, dunque, riuscire ad amare anche il nemico.
Ma anche nella lettera di Paolo ai Corinti troviamo una ricetta per essere discepoli: mai montarsi la testa. Se qualcuno si crede sapiente, si faccia stolto per diventare sapiente. Ma come si fa ad amare un nemico, come è possibile essere sapienti se ci facciamo stolti? Quello che Gesù ci dice è che un amore autentico non calcola ma si offre, non attende ma va incontro. Ed ecco che allora comprendiamo meglio l’affermazione di Francesco all’Angelus, rivolta ai cardinali: “Debbono sentirsi servitori, non padroni”.
Sedici nuovi porporati, più tre ultraottantenni, cioè non partecipanti a un eventuale Conclave in base alla norma stabilita da Paolo VI. Già sabato alla cerimonia per la consegna delle berrette e dei titoli cardinalizi, Francesco aveva detto ai cardinali che la Chiesa ha bisogno del loro coraggio per annunciare il Vangelo “in ogni occasione opportuna e non opportuna”; ha bisogno “della vostra collaborazione, e prima ancora della vostra comunione, con me e tra di voi”. Ha bisogno “di noi anche affinché siamo uomini di pace e facciamo la pace con le nostre opere, i nostri desideri, le nostre preghiere. Fare la pace. Artigiani della pace”.
Sempre ai cardinali, ma all’Angelus, il Papa ricorda che “coloro che hanno ricevuto un ministero di guida, di predicazione, di amministrare i sacramenti, non devono ritenersi proprietari di poteri speciali, ma porsi al servizio della comunità, aiutandola a percorrere con gioia il cammino della santità”. E questa, spiega Francesco, è la condizione dei battezzati, e le differenze non possono “contraddire il fatto che tutti, per il Battesimo, abbiamo la stessa dignità: tutti, in Gesù Cristo, siamo figli di Dio”. Proprio il Concistoro e la celebrazione di domenica hanno offerto “un’occasione preziosa per sperimentare la cattolicità, l’universalità della Chiesa, ben rappresentata dalla variegata provenienza dei membri del Collegio Cardinalizio”. Lo ricordiamo: otto sono gli europei, 7 provengono dall’America, uno solo dal Nord; e poi due dall’Africa e altrettanti dall’Asia.
Lavorare per l’unità della Chiesa, dice Francesco nelle parole pronunciate prima della preghiera mariana dell’Angelus. Lavorare per “costruire questa unità, perché l’unità è più importante dei conflitti. L’unità della Chiesa è di Cristo, i conflitti sono problemi che non sono sempre di Cristo”.
Ciò che ci dice Francesco è che essere figli di Dio comporta a tutti i livelli un impegno maggiore rispetto a quanto il mondo chiede, perché siamo chiamati “a essere perfetti come perfetto è il Padre che abita nei cieli” e che “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti”.
Di qui la preghiera che il Papa rivolge di sostenere e assistere nella preghiera i pastori, “affinché guidino sempre con zelo il popolo che è stato loro affidato, mostrando a tutti la tenerezza e l’amore del Signore”. La vocazione del vescovo, del cardinale, del Papa è questa, dice ancora Francesco: “Essere servitore, servire in nome di Cristo. Pregate per noi, perché siamo buoni servitori: buoni servitori, non buoni padroni”.

Fabio Zavattaro

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