“È un gigante del silenzio e la sua grandezza incommensurabile è proprio questo silenzio”
di Francesca Costantino – Così Maurice Zundel, sacerdote e teologo svizzero del secolo scorso, definisce la straordinaria figura di San Giuseppe. Io che, come al solito, associo parole ai segni pittorici, sfoglio la mia ideale galleria d’immagini e ritrovo un’opera che mi piace definire “emotiva”.
È “San Giuseppe falegname” del pittore francese George De La Tour. Il riferimento cronologico è il Seicento con l’influenza che Caravaggio esercita anche sui contemporanei d’oltralpe. Dunque, George De La Tour è un naturalista, acuto osservatore della realtà quotidiana e anche lui è determinato ad esprimerla attraverso suggestivi contrasti di luce ed ombra. Tuttavia, come dichiara lo scrittore e critico André Malraux, “interpreta la parte serena delle tenebre”, quasi fosse “un Caravaggio trasparente”. Tali giudizi son ben visibili nell’opera in questione, che risale al 1840 ed è oggi a Parigi, presso il Louvre.
San Giuseppe è qui l’anziano padre del piccolo Gesù, che è intento a lavorare un pezzo di legno (allude simbolicamente alla Croce) con accurato impegno, mentre il figlio-bambino regge una candela e lo osserva con amorevole ammirazione. Il contrasto chiaroscurale determina un’atmosfera quieta. Il silenzio è protagonista: sembra quasi poter appena avvertire gli scricchiolii del legno lavorato e il forte calore della candela.
Il resto sono emozioni, affidate al tenero sguardo di Gesù e agli affollati pensieri di Giuseppe. Per un attimo le loro domande inespresse s’incontrano: gli occhi lucidi, il viso segnato dalle rughe, la dichiarata anzianità del padre e il peso degli anni, incrociano la divinità di un bambino, la sua delicata pelle, la sua breve vita, la tenera certezza di essere protetto e amato incondizionatamente… e in silenzio.
San Giuseppe insegna proprio questo: essere, nel silenzio della preghiera, Padre Buono.