Enorme l’effetto positivo sul Centro-Nord. È meglio convincere gli scettici
Una delle favole che viene ripetuta senza tregua da decenni, consiste nel fatto che gli investimenti nel Mezzogiorno sono inutili, perché non concorrono alla ricchezza e alla produzione nazionale. Con uno studio diffuso nei giorni scorsi, intitolato “L’interdipendenza economica e produttiva tra il Mezzogiorno e il Nord Italia”, il Centro studi sull’economia del Mezzogiorno e del Mediterraneo (Srm) ha smentito questa favola.
La ricerca dimostra che sia il Centro-Nord, sia il Mezzogiorno, sono largamente dipendenti – in termini di scambi di beni e servizi – l’uno dall’altro, per soddisfare le proprie esigenze produttive. Il Mezzogiorno “importa” risorse per il 30,3% delle sue esigenze dal Centro-Nord (il 6,6% dall’estero; la produzione interna è pari al 59,1%, il restante 4% sono imposte nette), mentre il Centro-Nord “importa” risorse per il 25,1% delle sue esigenze dal Mezzogiorno (l’8,9% dall’estero; la produzione interna è pari al 63,2%, le imposte nette sono il 2,8%).
Il secondo elemento dello studio è di particolare rilevanza, sotto un duplice aspetto. Evidenzia, che per ogni 100 euro d’investimenti effettuati nel Mezzogiorno, si verifica un “effetto dispersione” a beneficio del Centro-Nord pari a 40,9 euro; viceversa, per ogni 100 euro di investimenti effettuati nel Centro-Nord, si verifica un effetto dispersione a beneficio del Mezzogiorno pari a 4,7 euro. Un abisso, in termini di effetti degli investimenti, tra Nord e Sud, causato dalla scarsa densità imprenditoriale rispetto al Centro-Nord. Un problema secolare, che rende il Sud incapace, per ragioni strutturali, di internalizzare gli effetti degli investimenti. L’effetto “dispersione”, però, ha anche un aspetto molto importante, che viene del tutto ignorato da coloro che, con grande faciloneria, non affrontano in termini corretti la “questione meridionale” o – peggio – si affannano a liquidarla, ritenendola estranea alle sorti del sistema-Paese: un investimento effettuato nel Mezzogiorno ha una rilevante ricaduta positiva sul resto del Paese, alimentandone la domanda. Per chiarire: se l’effetto “dispersione” degli investimenti nel Mezzogiorno è pari a circa il 40%, questo significa che – dedotto l’effetto dispersione verso l’estero, pari a circa il 10% – per ogni 100 euro di investimenti nel Mezzogiorno si trattengono/attivano 50 euro di produzione. Nel Mezzogiorno c’è, in definitiva, una capacità di creazione endogena di ricchezza fino ad ora non solo sottovalutata, ma neppure presa in considerazione.
Quando si parla di rilancio e sviluppo dell’economia meridionale, sarebbe bene tenerlo presente. Così come, bisognerebbe tener conto dei settori dell’economia meridionale, dove l’effetto dispersione è minore e, quindi, vengono trattenuti maggiormente gli effetti degli investimenti: la quota trattenuta è particolarmente elevata nel comparto dell’energia gas acqua e costruzioni (76,8%), in quelli dell’agricoltura (52,6%), della Pa e dei servizi alle famiglie (51,5%). Anche nel comparto manifatturiero, vi sono filiere dove gli investimenti attivano una quota di produzione interna al Mezzogiorno molto significativa: tra questi, ad esempio, i settori Automotive (45%), Autoveicoli-Aerospazio (43%), Logistica e Trasporti (39%). In altri settori – l’Alimentare, il Tessile – investire nel Mezzogiorno significa contestualmente consentire un effetto distributivo molto elevato per tutto il Paese.
Massimo Deandreis, direttore generale Srm, commentando la ricerca, ha dichiarato: “Per ogni investimento nel sud si attiva una rilevante quota di produzione al centro-nord. Se a questo aggiungiamo che settori industriali importanti per il paese, come automotive, aeronautico e agroalimentare, hanno nel Mezzogiorno un peso in termini di fatturato, export e occupati molto rilevante per le rispettive filiere, si capisce pienamente che il rilancio dell’economia del Mezzogiorno è una condizione essenziale per la ripresa dell’intero Paese”. Su questo, forse, sarebbe ora di operare una riflessione seria e scevra da pregiudizi.
Roberto Rea