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Poteri pubblici, bene comune, giustizia. Stasera Ad Alife l’incontro sulla Pacem in Terris

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Il professore Sergio Tanzarella curerà la riflessione sul documento di Papa Giovanni XXIII pubblicata l’11 aprile 1963

La Redazione – L’11 aprile 1963, giovedì santo, papa Roncalli pubblica l’Enciclica Pacem in terris indirizzata per la prima volta non solo ai cattolici ma anche “a tutti gli uomini di buona volontà”. Nella situazione del mondo contemporaneo fu ritenuta da tutti, anche dai non cristiani, come l’espressione migliore delle vie per alimentare le speranze di pace e di solidarietà di tutto il genere umano. Fu messa negli archivi delle Nazioni Unite a New York.
sergio_tanzarellaDello straordinario documento di Giovanni XXIII –  patrimonio religioso, sociale e politico per la contemporaneità – si discute questa sera ad Alife in un incontro (ore 20.00) organizzato dalla parrocchia S. Maria Assunta-Cattedrale in cui interverrà Sergio Tanzarella, docente di Storia della Chiesa (Pontificia Facoltà Teologicoa dell’Italia Meridionale e Università Gregoriana).
Diritti e doveri; responsabilità; libertà, giustizia e solidarietà; bene comune; poteri pubblici; coscienza morale Sono i capisaldi della Pacem in Terris che ha come unico punto di riferimento l’uomo, e le relazioni che ne contraddistinguono la vita sociale e politica; e ancora l’uomo, creatura di Dio al quale solo spetta la responsabilità e il dovere di compiere la pace.
pacem in terrisA tal proposito, Giovanni XXIII, che rendeva nota la sua enciclica in apertura del Triduo pasquale, scrive: “È questa un’impresa tanto nobile ed alta che le forze umane, anche se animate da ogni lodevole buona volontà, non possono da sole portare ad effetto. Affinché l’umana società sia uno specchio il più fedele possibile del regno di Dio, è necessario l’aiuto dall’alto. Per questo la nostra invocazione in questi giorni sacri sale più fervorosa a colui che ha vinto nella sua dolorosa passione e morte il peccato, elemento disgregatore e apportatore di lutti e squilibri ed ha riconciliato l’umanità col Padre celeste nel suo sangue: “Poiché egli è la nostra pace, egli che delle due ne ha fatta una sola… E venne ad evangelizzare la pace a voi, che eravate lontani, e la pace ai vicini” (Ef 3,14-17).
Sono trascorsi 50 anni: il Papa buono di allora, e il Papa della tenerezza di oggi – Francesco – esortano ugualmente e incessantemente al progresso dell’umanità, l’unico che si edifica per l’impegno comune di governanti e cittadini, tutti -secondo le responsabilità affidate loro “uomini di buona volontà”.
La Pacem in terris parla ancora all’uomo di oggi? Il contesto storico in cui nasceva questo documento – gli anni della Guerra fredda – “imponeva” una riflessione che abbracciasse il mondo intero. Oggi come allora gli scenari non sono cambiati se non negli attori e nelle cause (molteplici e superflue) alla base di numerosi conflitti. Ma oltre le scene della politica internazionale, cosa chiede la Pacem in terris agli uomini di oggi? Di queste terre? Agli uomini che fanno politica edificando le nostre piccole società quotidiane?

 

 

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