Il corpo di San Sisto fu trasportato da Roma ad Alife dal conte Rainulfo III nell’anno 1132 per combattere il flagello della peste che incombeva sulla città
di Emilia Parisi
Figlio di Pastor, romano della regione di via Lata, Sisto I svolse il suo pontificato sotto l’imperatore Adriano, dal 117 al 126. Alla sua morte, il corpo fu inumato nella Necropoli vaticana. Nel 1132 Ruggero II, neo-re di Sicilia, mandò il cognato Rainulfo III, conte di Alife, e il principe di Capua Ruberto ad accompagnare l’antipapa Anacleto II a Roma: si trattò di un tranello ben congegnato dal sovrano per occupare Avellino e rapire moglie e figlioletto del conte, rendendolo così ricattabile.
Le ostilità tra Ruggero e Rainulfo erano all’apice e termineranno con la morte del conte nel 1139. Nella «Breve Narrazione della Miracolosa Traslazione di S. Sisto papa I e m.», scritta da Cosimo Bonanni, canonico della Cattedrale di Alatri e stampata in Anagni nel 1703, è riportata integralmente la cronaca di quel soggiorno a Roma e la piega imprevedibile e sovrannaturale che prese la storia.
A causa della temibile peste che si abbatté come una furia sulla contea di Alife, mettendo in ginocchio l’intera popolazione, Rainulfo pensò bene di chiedere ad Anacleto in pegno delle reliquie sacre da trasportare nella sua città come protezione contro il flagello. L’antipapa riferì al conte che i corpi santi presenti a Roma erano talmente collocati nei loro sepolcri che sarebbe stato quasi impossibile portarli via senza lo sdegno del popolo. In ogni caso lo rassicurò, comunicandogli che avrebbe fatto il possibile per realizzare il suo desiderio. Nonostante ciò, Rainulfo restò con ben poca speranza di conseguire quanto aveva chiesto. Anacleto convocò i suoi familiari per discutere della questione, quando si verificò un misterioso accadimento: una trave si staccò dal tetto della Chiesa di S. Pietro, cascando rovinosamente su un altare che custodiva in una cassa le spoglie mortali di S. Sisto I.
La cassa fu spostata nella sagrestia della chiesa e lì rimase finché il fatto giunse alle orecchie di Anacleto che decise di consegnarla al conte in gran segreto.
Era stato il volere divino a mandare in frantumi l’altare affinché il corpo santo fosse maggiormente onorato e riverito dal popolo di Alife. Rainulfo ringraziò infinitamente la bontà divina per il dono ricevuto e fece imballare la cassa per trasferirla nella sua città. Sarà la Cattedrale di S. Maria Assunta, fatta costruire per l’occasione dal conte secondo i canoni dell’architettura romanica, ad accogliere le preziose reliquie, custodite gelosamente ancora oggi in un’urna marmorea sotto la mensa dell’altare nella cappella omonima dedicata al santo. Un’altra parte delle reliquie di S. Sisto I è conservata in un’urna di piombo nel Duomo di Alatri, città del frusinate gemellata con Alife nel 1984 per la comune devozione nei confronti del santo pontefice.
Accadeva un anno fa
Il Comitato dell’Immacolata di Piedimonte rende onore a San Sisto
La processione alla Cappella di San Sisto fuori le mura e le parole del Vescovo Valentino Di Cerbo