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Editoriale / Una finestra sul mondo

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di Francesco Zanotti
Presidente Federazione Italiana Settimanali Cattolici

Estate, tempo di vacanze. Anche molti giornali diocesani si prendono una sosta, Clarus compreso. L’edizione cartacea viene sospesa per un po’ di tempo, ma non viene meno l’impegno per una comunicazione sempre attiva e attenta a ciò che accade nel territorio, attorno a noi. Anzi, per certi versi, il periodo estivo diventa un’occasione propizia per approfondire, meditare, riflettere e per migliorare il proprio impegno quotidiano che oggi viaggia anche sul web.
Sono tantissimi ormai, fra le 189 testate cattoliche che fanno riferimento alla Fisc, la Federazione italiana che le rappresenta, i giornali attivi in Rete. Non solo una vetrina, sia ben inteso, ma veri e propri notiziari sempre aperti, 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Sì, ammettiamolo, per noi non può essere diversamente. Se vogliamo abitare un territorio, un ambiente, come spesso viene definito il mondo digitale, in quel luogo desideriamo esserci.
Nulla è escluso all’esperienza cristiana dell’esperienza umana.
Gesù Cristo che si incarna ci insegna questo.
E il suo insegnamento vale anche per noi che operiamo con gli strumenti della comunicazione sociale. Anzi, direi di più: è proprio l’esperienza cristiana che assegna valore e dà senso a quella umana.
E’ il centuplo quaggiù, una possibilità unica.
E’ il tesoro nel campo, quello per cui uno vende tutto quello che ha e va e corre a comperare quel campo in cui è nascosto qualcosa di prezioso. E’ quello che noi raccontiamo, nella stragrande maggioranza dei casi da oltre un secolo, con i nostri giornali, e più di recente anche online.
Desideriamo essere dei compagni di viaggio.
Il giornalista non è uno scrittore. Non si inventa nulla. E’ un testimone che racconta ciò che vede. E’ bravo se sa vedere con occhi attenti. E’ ancora più bravo se sa vedere anche col cuore e sa scrutare negli occhi e nei cuori delle persone che incontra. Ecco perché vorremmo ispirarci, nel nostro agire quotidiano, all’episodio dei discepoli di Emmaus. Il compagno di viaggio è colui che condivide tutto con chi gli vive accanto. Non solo il cammino, la fatica, le attese e le speranze, ma anche il pane, l’acqua, il riposo, il risveglio, senza tenere nulla per sè.
Vorremmo essere autentici compagni di viaggio delle nostre comunità che sono diverse da come vengono di solito descritte. In noi non dovrebbe mai venire meno la dimensione dello stupore, la nostra capacità di tornare bambini. Per carità, nessuno vuole sminuire anche certi eventi negativi. Però, e aggiungiamo con piacere questo però, c’è tutta un’altra realtà che esiste ma non emerge. E’ la vita che scorre nelle nostre chiese locali, nelle nostre parrocchie, nelle associazioni e movimenti cattolici. Un esempio su tutti, tipico dell’estate: i centri estivi e i campi-scuola. Migliaia di giovani, a valangate mi verrebbe da aggiungere, che si spendono con la gratuità più totale, accanto ai bambini e ai ragazzi.
Perché nessuno racconta questa straordinaria esperienza italiana?
Perché questo fatto, del tutto eccezionale nella sua straordinaria quotidianità, non diventa una formidabile notizia da prima pagina?
L’eroicità quotidiana, la santità ordinaria: mettiamola come vogliamo, ma è anche e soprattutto di questo che noi dobbiamo andare in cerca. Il giornale diocesano è un luogo aperto, una finestra sul mondo, a 360 gradi. A maggior ragione nel Sud Italia, vorrei dire con più forza.
E’ proprio da voi, in terre troppo spesso associate solo a eventi delittuosi o legati alla malavita, che diventa ancora più necessario raccontare quel tanto bene presente che non fa rumore.
Papa Francesco ha raccomandato ai giornalisti il vero, il bello, il buono e poi invita continuamente tutti noi ad andare nelle periferie geografiche ed esistenziali e ad uscire da noi stessi per incontrare chi è in attesa di un gesto di amicizia e di fratellanza.
E’ un programma di lavoro. C’è fin troppo per chi ogni giorno cerca una notizia da mettere in pagina. Mentre tutti se ne stanno attaccati ai loro pc e si limitano a vedere scorrere le notizie su un monitor, noi siamo chiamati indossare le scarpe e a consumarne le suole per le vie dei nostri paesi e delle nostre città. Lì ci attende l’uomo di oggi. In quei luoghi si possono trovare a raccogliere le storie che meritano di essere narrate. Attenzione, però: non dobbiamo cadere né nel buonismo né nella predicazione. Il rischio è alto e la tentazione di scadere nella melassa di un facile e sbrigativo “volemose bene” è dietro l’angolo.
Invece il nostro muoverci viene da una consapevolezza, da una presa di coscienza. Da un di più, per me, derivato da un incontro decisivo. Ecco il mio consiglio per voi, se me lo concedete: continuate a stare in ascolto del territorio e della gente che lo abita. Non dimenticate mai che in ogni notizia, anche la più banale, si tratta della vita di persone e in ogni persona è stampato il volto del Creatore. Noi, ponendo quesiti e gettando ponti, possiamo e dobbiamo aiutare chiunque a ritrovare la propria strada, partendo da un assunto che forse qualcuno può non gradire: il cuore dell’uomo è fatto per Dio. E a Lui deve tornare.

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