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Diocesi di Alife-Caiazzo. La risposta alle polemiche mediatiche degli ultimi giorni

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“Il Vescovo Valentino, in modo signorile, non ha voluto mettere in piazza le ragioni serie di molti provvedimenti, e non ha infierito su attacchi assolutamente gratuiti”

La Redazione La Diocesi di diocesi-Alife-Caiazzo valentino di cerboAlife-Caiazzo, piccola di numeri, ma ricca di storia, si trova ad essere colpita ancora una volta nelle sue cose più care: la comunione tra il Vescovo e i presbiteri, i presbiteri e il popolo di Dio.
Duole vedere una raffigurazione della nostra realtà contraddistinta da un numero progressivo di bugie e mezze verità che fanno una falsità enorme.
Il nostro Vescovo Valentino Di Cerbo, che da quattro anni e mezzo guida la nostra Diocesi, sin dal suo arrivo ha cercato con tutte le sue forze di mettere ordine in una situazione difficile da tanti punti di vista: una amministrazione economica non sempre chiara; una scollatura tra le comunità delle antiche diocesi  di Alife e di Caiazzo; la presenza di un gruppo di sacerdoti non originari della nostra terra, non sempre vicini alla sua tradizione socio-culturale; molteplici situazioni di abbandono di beni e di parrocchie, considerate marginali; non ultimo, un affievolirsi del senso autentico della fede a scapito di derive liturgiche, devozionistiche, qualunquistiche e sostanzialmente non elevanti, ma assecondanti tante forme di immaturità umana e religiosa. Il lavoro pastorale non sempre è stato compreso, dovendo inevitabilmente cozzare con forme feudali di gestione delle parrocchie ed anche della cosa pubblica. Avendo messo il “il dito nella piaga” molti piccoli potentati, dentro e fuori la Chiesa, che vivevano di rendita presso il popolino, si sono e si stanno rivoltando per impedire quel cambiamento che Papa Francesco ci sta chiedendo.
Di conseguenza, con una sottile strategia, che trova una singolare alleanza tra le forze conservatrici dentro e fuori la Chiesa, si tenta di impedire quel processo di ri-ordinamento necessario alla crescita della nostra comunità. Ogni occasione è buona per gettare fango su chi non specula, non scende a patto con il potente di turno, non si accontenta del “si è sempre fatto così!”, non teme anche l’incomprensione se si tratta di fare giustizia, di promuovere il bene, di aiutare i poveri. Naturalmente vi possono essere sfumature di stile e momenti anche di dinamica relazionale, ma tutto questo è del tutto naturale in una logica di confronto sincero, mentre non è cristiano nella utilizzazione dei mezzi della comunicazione sociale (giornali e blog) assalire e screditare con uno stillicidio continuo, vile e anonimo, chi va avanti in mezzo a tante difficoltà e problemi.
Pertanto noi rifiutiamo gli attacchi delle forze della restaurazione, i nostalgici del tempo che fu, che ha dilapidato il nostro patrimonio, indebolito le risorse sane, perpetrato una pastorale del “volemose bene” che non cambia niente, ma accontenta e a volte sollecita le inclinazioni più grevi e volgari, ma tanto gradite, a chi si ferma all’apparenza e non va ad approfondire le motivazioni delle scelte, anche dure ed impopolari.
Le nostre parole non vogliono essere di offesa per nessuno, ma vogliono richiamarci alla misura e al rispetto del ruolo e delle funzioni di ciascuno, all’amore per la verità, al rispetto di tutti, autorità e semplici uomini e donne. Il Vescovo, in modo signorile, non ha voluto mettere in piazza le ragioni serie di molti provvedimenti, e non ha infierito su attacchi assolutamente gratuiti (come quello sulla necessità di evitare sfarzi nei matrimoni e di contribuire ai bisogni delle comunità, soprattutto quelle in prima linea con l’aiuto ai più deboli); o quello di rispondere alle accuse di chi parla di “benefattore” per persone che hanno ricevuto tanto dalla diocesi e non sono stati del tutto trasparenti nella gestione dei beni della comunità, nel modo di presentare la figura del sacerdote, nella relazione sana con i propri fedeli.
Rispettando la buona fede di chi non sa, chiediamo, a nostra volta, rispetto per chi sa e deve prendere decisioni, anche severe, per il bene di tutti. Quando l’emozione e il ribellismo si saranno placati e chi non vede i sacrifici di tanti preti che “tirano la carretta” senza piazzate e senza show sarà ritornato alle sue occupazioni, allora, a mente fredda – così dovrebbe essere per uomini di raziocinio e cristiani – emergerà con chiarezza che la nostra Diocesi non è come è stata dipinta e noi, allora, come sempre saremo disponibili, Vescovo, clero e popolo, a ricominciare da capo a fare sul serio, nella fedeltà semplice, silenziosa e fattiva a Dio e all’uomo. Perché a Lui (e non alle effervescenze di colore) dobbiamo rendere conto!

2 COMMENTI

  1. Questa lettera è profondamente ingiusta nei confronti nella nostra Diocesi, come se essa fosse tanto irrimediabilmente traviata da doverla sconvolgere, rivoltare come un calzino.
    Certo, i sacerdoti sono uomini come gli altri, ma oggettivamente, da noi non ci sono mai state deviazioni come quelle che a volte leggiamo o sentiamo in giro: preti che conducono una vita dissoluta, che si approfittano di bambini, che si arricchiscono con i beni che avrebbero dovuto essere utilizzati per il bene della comunità…
    Nella nostra Diocesi, in gran parte dei casi, abbiamo avuto e abbiamo numerosi casi di preti che hanno dedicato l’intera loro vita al servizio quotidiano, anche nelle piccole cose. Per non citare fatti recenti che ancora sono oggetto di polemiche e azioni anche legali, mi limito a nominare la figura di don Gerardo Fava…
    Tuttavia, pur non volendo fare altri nomi, è doveroso aggiungere che sono diversi i giovani sacerdoti che hanno rivitalizzato parrocchie che languivano, e con esse l’intera comunità, diventando un punto di riferimento per i fedeli e attirandosi invidie e gelosie. Il Vescovo, anziché sostenerli, li condanna, affermando di essere la più alta autorità, alla quale il comportamento di tutti deve conformarsi, indipendentemente dalle situazioni e dalle sensibilità.
    Così, le chiese piene diventano un pericolo, perché danno l’idea di una comunità che si riunisce… magari per mettere in discussione l’Autorità. Molto meglio avere parroci che siano diligenti impiegati (anche se poi sotto sotto rubacchiano, in fondo sono uomini) e le chiese vuote, così da poter scrivere, da una cattedra sempre più elevata e distante dal popolo, accorati appelli all’unità dei fedeli: appelli inascoltati, e quindi non contestati.
    Più conosco il mondo, più mi ritengo fortunato di essere cresciuto a Caiazzo. Però, una preghiera: non fatela diventare quello che non è mai stata e che non vuole diventare.

    • Caro lettore (di Caiazzo),
      dici bene: nella nostra Diocesi abbiamo avuto e abbiamo numerosi preti completamente dediti alle cose di Dio e alla carità, come all’ascolto, al sacrificio. Sacerdoti che riescono a stare accanto a numerosi giovani, a famiglie in difficoltà, ad anziani soli, ad ammalati senza che se ne dia notizia. Sono quei sacerdoti che per far funzionare una parrocchia (da un punto di vista pastorale e amministrativo), fanno i salti mortali: il loro unico pensiero è non scontentare nessuno senza tralasciare ciò che è giusto fare. Giovani o anziani che siano, iniziano la giornata con il pensiero rivolto ad una famiglia un pò più numerosa della nostra… Poi, quando possono, trovano del tempo anche per sè.
      Sono storie normali, queste, di una vocazione che si alimenta ogni giorno della parola di Dio, quella celebrata e quella pregata. Sono storie che non necessitano di foto promozionali né depliant pubblicitari: loro non lo vogliono, né lo cercano.
      C’è un filo sottile che li unisce al loro Vescovo (di qualunque vescovo si parli, in qualunque parte del mondo si trovi); è un legame di mani e di spirito: per la loro vita non è stato solo un rito (nè un ricordo) quell’ordinazione sacerdotale…
      Quanto ai giovani sacerdoti, come dici tu, “condannati dal Vescovo, che dice di essere la più alta autorità…”, sei sicuro d’aver mai sentito pronunciare una cosa simile? E condannati come? Il Vescovo non ha temuto di affidare (e in altri casi, di chiedere) grandi responsabilità proprio ai più giovani sacerdoti di questa Diocesi. Un bel segno di fiducia.
      Chiese vuote, chiese piene, cattedra elevate… Tu, quanto ami la tua comunità parrocchiale?
      Grazie.
      Grazia Biasi

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