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San Martino. Cavaliere della carità

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Nel povero seminudo e infreddolito il volto di Gesù Cristo

a cura di Francesca Costantino

Cesare Cantù è stato un letterato, storico e politico dell’Italia post-unitaria.  La nostra amicizia è casuale e deriva dalla lettura di alcuni brani di un capolavoro: Attenzione! Riflessi di un popolano (1871), libretto dedicato ai cattolici, per esortarli a vivere secondo i precetti della religione.  In esso è contenuta la  frase, “La carità è il solo tesoro che  aumenta col dividerlo”.   Sono parole che associo alla figura di San Martino e, come sempre, aprono il sipario a strane connessioni.
Presso Palazzo Chigi-Saracini a Siena è conservata una singolare e sorprendente collezione di opere d’arte. Al suo interno, il cosiddetto Salotto del Sassetta attira la mia attenzione, poiché accoglie una piccola tavola lignea, di forma quadrata, che rappresenta San Martino mentre dona il mantello al povero. L’autore è il pittore quattrocentesco Stefano di Giovanni, detto appunto il Sassetta e l’ambiente custodisce diversi frammenti della Croce dipinta, ossia una probabile pala d’altare realizzata per la Chiesa senese di San Martino.  La tavoletta descrive visivamente l’episodio più significativo della vita del santo, divenuto il più noto nella tradizione popolare ed iconografica.
Martino è un giovane ufficiale dell’esercito romano che, convertitosi al cristianesimo,  giudica inconciliabile la fede e l’attività militare. Ad avvalorare questa sua concezione è lo sconvolgente incontro con un povero, seminudo e infreddolito, al quale non esita di donare metà del suo mantello. La notte seguente, Martino sogna Gesù nell’atto di indossare lo stesso mantello e così, interpretata la visione notturna come una chiamata al servizio evangelico, decide di farsi battezzare e dedicare tutta la sua vita alla predicazione.sassetta san martino (1)
Anche il Sassetta, dunque, riproduce  la scena che, per eccellenza, è divenuta segno rappresentativo di condivisione.  La figura del santo cavaliere, in groppa al bianco e bardato destriero occupa il centro della composizione, sebbene il fulcro sia proprio il momento del taglio con quella spada sguainata, non più strumento di morte ma di carità e di vita. Indossa abiti moderni, come è moderna la nudità dell’uomo bisognoso, che rimanda ad alcune crocifissioni coeve. A livello stilistico è bene evidente la formazione del pittore, pervasa dalla tradizione tecnica e coloristica senese. La composizione, dallo sfondo dorato, richiama precedenti elaborazioni di artisti conterranei (penso a Simone Martini o ai Lorenzetti)  ma è dotata di quella raffinata eleganza ed armonia, propria della pittura fiorentina rinascimentale.

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