di Emilio Salvatore
Nessuno si faceva illusioni. La III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione (5-19 ottobre 2014) sarebbe stato un “momento forte” della vita della Chiesa cattolica. Il pensarlo in due tappe, una per la sollevazione dei problemi e delle posizioni diverse, un’altra per la decisione, l’aver voluto un’ampia consultazione da parte delle Chiese locali, rispondeva ad una percezione evidente da parte del Papa e della segreteria del Sinodo circa la natura delicata ed impegnativa dei temi affrontati.
Dopo aver esaminato i questionari, dinanzi ai Padri Sinodali vi erano due possibilità: un severo monito a tutti circa lo snaturamento della famiglia e la perdita dei valori ad essa connessi oppure il tentativo di cercare in mezzo a tante contraddizioni un filo rosso capace di riproporre la bellezza della proposta della famiglia cristiana, senza sminuirla, ma tentando di dare voce alle tante situazioni “irregolari” (i divorziati, i gay ecc.), che chiedono ascolto nella vita delle nostre comunità, individuando nuove modalità di partecipazione all’interno delle medesime. La natura di un sinodo è quella di trovare una soluzione pastorale a situazioni concrete, bisognose di essere attraversate dalla verità e dalla misericordia evangelica.
Chi si aspettava trovate ad effetto è rimasto deluso, chi temeva scantonamenti ereticali altrettanto. Allora, potremmo dirci, non è successo nulla?
Niente affatto! Con grande fatica e trasparenza, l’unica condizione possibile, in un’epoca di comunicazione immediata come la nostra, sono emerse le posizioni diverse nel dibattito. Il Papa nel suo intervento conclusivo ha usato l’immagine di un cammino fatto di desolazioni e consolazioni, di fatiche e di gioie. Francesco ha evocato anche il timore di cedere a tentazioni: quella dell’irrigidimento ostile e del buonismo distruttivo, quella di trascurare il “depositum fidei” o di ignorare la realtà. Sia le une che le altre hanno un po’ frenato il cammino. Ma bisogna prendere atto della fatica di camminare insieme. Il dibattito è servito dunque a prendere coscienza delle resistenze, da una parte e dall’altra, ad un discernimento autentico, ossia libero da pregiudiziali e paure e aperto all’ascolto della voce dello Spirito. Di qui anche l’invito alla preghiera affinché l’aspetto delle preoccupazioni umane non oscuri l’opera di Dio nella sua Chiesa. La Relazione finale che sarà oggetto di un ulteriore cammino di approfondimento, in vista della seconda sessione del Sinodo nell’ottobre 2015, di fatto fa avvertire sulla comunione ai divorziati e sulla cura delle persone omosessuali un diverso accento. Voglio riportare testualmente i due passaggi. Per la prima questione (al n.52): «Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che “l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate” da diversi “fattori psichici oppure sociali”» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).
Per la seconda (al n. 55): «Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. “A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4)».
L’attenzione positiva ed anche il lessico nuovo mostra una volontà di approfondimento sereno, che passi dal confronto sui principi ad indirizzi concreti di azione. In altre parole, come più volte sembra emergere dal messaggio di Papa Francesco, è l’ora di aprirsi ad una fedeltà “creativa”!