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Editoriale / Il vero Natale

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Costantino Leuci, insegnante di storia e filosofia al liceo Classico “G. Galilei” di Piedimonte Matese e Assessore comunale con delega a Cultura e Pubblica istruzione, interroga don Emilio Salvatore, direttore editoriale di Clarus, sul vero Natale.

Da sempre, e ancor più in tempi di globalizzazione spinta, il Natale è una festa universale che va ben al di là della cerchia dei Cristiani. Prescindendo dalle pesanti e invadenti implicazioni commerciali, qual è il fascino che esso esercita su uomini di epoche e latitudini così diverse? Quale messaggio comunica al di fuori dell’annuncio evangelico?

Il Natale ha molti volti oggi dal consumistico, quello più evidente, a quello civile, un tempo prolungato di riposo e di festa, ma li ha avuti anche nel passato, nella sua lunga storia.
Di fatti il Natale, anche quando non si chiamava così, era un tempo dell’anno connesso con i ritmi cosmobiologici, in particolare quelli tipici del mondo antico, connessi alle fasi del sole e della luna. Di qui, prima del Natale cristiano, c’era la festa del Fuoco e del Sole, legata al solstizio d’inverno, cioè il giorno più corto dell’anno. Nell’antica Roma si festeggiavano i Saturnali in onore di Saturno, dio dell’agricoltura, ed era un periodo di pace, si scambiavano doni, e si facevano sontuosi banchetti. Tra i Celti invece si festeggiava il solstizio d’inverno. Ancora nel 274 d.C. l’Imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si dovesse festeggiare il Sole, il “Natale dell’Invitto”, che altro non era che il “Sol Invictus”, divinità solare di Emesa, ovvero il “giorno del nuovo sole”. Di feste connesse al solstizio si ritrovano dappertutto nei due emisferi con nomenclature diverse. La simbologia era evidente: il sole vince le tenebre, c’è una speranza di ripresa, i giorni cominciano ad allungarsi, la vita si riprende. Il successo del Natale attinge dunque ad un forte radicamento antropologico pre-cristiano. I cristiani che progressivamente si affermeranno nel mondo antico recupereranno solo a fatica questa festa, liberandola dalle forme ancestrali ed ancorandola all’evento della Nascita del Redentore. Partirei da questo elemento, quantunque pagano nella sua origine, per dialogare anche con il non credente; il Natale anche per l’ateo è una Pasqua, una rinascita della luce ossia della speranza, da consumarsi nella condivisione di progetti di bene e di pace, di una solidarietà diretta a rendere gli uomini sempre più umani.

La nascita di Gesù, 2000 anni fa, ha significato l’avvento di una religione e di un sistema di valori che ha rivoluzionato la società dell’antica Roma e, indirettamente, tutto il mondo ad essa collegato. Pensa che oggi sia possibile pensare a una rivoluzione così profonda che agisca nella vita e nelle menti degli uomini?

Con la nascita, il ministero, la morte e la risurrezione di Gesù si passa in modo straordinario dalla simbolica cosmovitale, tipica delle religioni antiche, a quella storica. La nascita di Gesù, per quanto sappiamo dai vangeli, in particolare da Luca (2,1- 20) e Matteo (2,1-12), non ci viene indicata nel suo un giorno preciso; dunque la data del 25 dicembre è simbolica, ma collocata piuttosto in un contesto geografico (Betlem, la città di Davide) ed anche storico nel senso ampio del termine («In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria» Lc 1,1-2). Luca ci racconta in modo solenne ed ironico la nascita del vero Salvatore rispetto a quella dell’Imperatore Augusto che spesso amava farsi chiamare soter, celebrato dalla celebre iscrizione di Priene (9 d.C.). Siamo nell’80 d. C. per la redazione del suo vangelo, il racconto della nascita mostra chiaramente che si tratta di un re, totalmente diverso dall’imperatore: entrambi hanno un esercito, ma Gesù quello angelico; entrambi hanno un progetto di pace, ma solo Gesù lo propone in termini non violenti; entrambi hanno dei destinatari, per Gesù sono i pastori, gente considerata per i giudei a rischio di impurità; Matteo, invece, metterà gli antichi adoratori del sole e delle stelle in cammino verso la stella di Davide (come nella profezia di Balaam: cf Nm 24,15-17). the_nativity_story_08Prima ancora, dunque, dell’assimilazione del culto pagano nella festa cristiana, il Natale nasce come una proposta alternativa circa la visione della storia. La pace nel mondo non si impone, Gesù la proporrà come beatitudine, come scelta di un’umanità che accoglie la novità del vangelo. Questo è il nucleo della festa cristiana. A nascere è un bambino, ma ciò che egli viene a portare è un rinnovamento del mondo, se si accoglie la verità della sua proposta, che solo nel suo insegnamento, nella morte e risurrezione troverà il suo compimento. Isolare il Natale dalla Pasqua è un controsenso. Il farsi uomo del Figlio di Dio esprime innanzitutto un modo nuovo di vivere l’umanità. Una rivoluzione simile a quella portata dal Natale e dall’irruzione del Cristianesimo sia decisamente difficile nelle forme storiche che abbiamo anche solo brevemente tracciato, poichè oggi i fenomeni sociali sono molto più caotici e complessi. Non vi è il tempo per assimilare le grandi verità. Occorrerebbe una grande rivoluzione come quella cristiana, o meglio un nuovo umanesimo che, partendo dalla sua radice cristiana, sia capace di parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo, come solo Papa Francesco riesce a fare.

Come giudica il modo in cui oggi il Natale viene vissuto dai Cristiani, soprattutto nelle società occidentali fortemente secolarizzate? E come pensa che si possa rimettere in sintonia la modernità con il senso più profondo del Natale?

Noi cristiani ci troviamo di fronte ad una grande occasione: ritornare alle origini, recuperando il senso autentico dei misteri della fede che celebriamo per coglierne la portata rivoluzionaria, unica, la vitalità tuttora viva sotto la brace delle tradizioni o anche delle deformazioni, oppure omologarci conformisticamente ad altri standard di valore che sono ormai vincenti. La forza del Cristianesimo si è rivelata capace di superare anche le stagioni più difficili in quanto essa non risiede in un sistema, come molti pensano, rigido e antiquato, ma nella fiducia nella presenza di Dio nella storia che ha trovato in Gesù il suo culmine, e nella Chiesa, colei che ne media e ne continua l’opera. Il Cristianesimo prima di essere una dottrina è una persona, quel bimbo che ride, quel Nazareno che pende per amore dalla Croce.

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1 COMMENTO

  1. E’ stato un piacere rivisitare ma, soprattutto, arricchirsi con quanto il prof.Leuci ci ha donato del suo
    sapere.
    Grazie.

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