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Pontelatone. Il Tar sospende il progetto di una centrale a biomassa

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Pontelatone come Alife, si alza la protesta contro la centrale a biomassa.
Il Comune di Monte Maaggiore, grazie al supporto dei residenti, fa ricorso al Tar e ne esce vincitore

La Redazione – Anche a Pontelatone una centrale per la produzione di energia elettrica: un impianto alimentato a biomassa (fino a 35mila quintali di liquami bufalini) di potenza pari a 600 Kw della Econergy Progetti Sud Uno srl, autorizzato dalla Provincia di Caserta con il provvedimento n.8 del 8/8/2013 e atti preliminari della Regione Campania risalenti al febbraio 2012.
Nulla di fatto, dopo che il Comune di Pontelatone nel novembre 2013 è ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar Campania) che ha annullato ogni atto a procedere con sentenza definitiva del 18 dicembre 2014.
Un evento recente, a cui guardiamo con attenzione a causa delle ultime  polemiche che si sono sollevate da Alife in merito alla costruzione di un impianto (seppur diverso) che allarma ugualmente i cittadini.
Ma torniamo a Pontelatone. Accanto al Comune, anche un privato e diversi agriturismi e aziende agricole hanno preso parte al processo ad adiuvandum, cioè per sostenere la protesta e le ragioni del no.
Si tratta della Saem eventi Srl, Agricampeggio Fattoria didattica Rotondola, Agriturismo Funnale, Agriturismo Antica Masseria Campitelli, Azienda Colleverde, Ristorante Blu Oriente, Casale Frasia, Al Ponte Srl, Azienda Agrituristica Le Campestre, I Vignai del Casavecchia Soc. Coop. Agricola.
La centrale sarebbe dovuta sorgere su un terreno privato, in via Madonna delle Grazie, confinante con terreni agricoli su cui insistono note attività agroalimentari del luogo: il Comune di Pontelatone – si legge nella sentenza emessa dal Tar – è legittimato a contestare in sede giudiziaria i provvedimenti che incidono sul governo del proprio territorio” e a manifestare “riserve di natura tecnica, ambientale e sanitaria”.
pontelatone_centrale biomassaIn sede di processo il Comune di Pontelatone ha portato in aula, tra le tante, anche le seguenti motivazioni tese a giustificare la totale avversione al progetto: la mancata prova della disponibilità dell’area in quanto il contratto preliminare del 2011 non era stato stipulato da tutti i comproprietari del terreno; la coltivazione di uva, su questi terreni,destinata alla produzione del vino Doc Casavecchia; la mancata autorizzazione a smaltire rifiuti e la valutazione di impatto ambientale; l’incongruenza, con le norme di legge, tra la tipologia di rifiuti destinati alla produzione di energia e le precedenti fasi di trasformazione degli stessi.
Un’altra delle contraddizioni su cui ha fatto leva il giudizio del Tar, riguarda un “falso presupposto” della Regione Campania che pur dichiarando la zona in questione “area individuata dal disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di origine (nota prot. 152993 del 28/02/2012), in una successiva nota di autorizzazione all’impianto, dichiara esattamente il contrario.
Più voci si sono alzate, più volontà si sono unite al fine di ottenere  tutele a garanzie per un territorio che grazie all’intelligente impiego delle risorse locali, ha portato a molte famiglie, dedite ad allevamento e agricoltura, di investire in risorse e futuro. Il vino Casavecchia è ormai un marchio e un gusto riconosciuti e la tutela di queste terre altro non è che garanzie di immagine e prosperità per il futuro.

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