L’11 febbraio la Chiesa celebra la Giornata mondiale del malato. La dedizione verso chi soffre si colloca nell’ottica della “sapientia cordis” la sapienza del cuore, così Papa Bergoglio nel messaggio scritto per la ricorrenza
Agensir – Un pensiero particolare ai malati, alle loro famiglie e a tutto il “mondo della cura”. Nel giorno (11 febbraio) in cui la Chiesa celebra la Giornata mondiale del malato ritorna l’invito di Giovanni Paolo II – che nel 1992 istituì questo appuntamento – a “crescere nell’atteggiamento di ascolto, di riflessione e di impegno fattivo di fronte al grande mistero del dolore e della malattia”. In questo non manca certo la fantasia a diocesi e comunità ecclesiali. Sono tante, infatti, le iniziative promosse dagli Uffici diocesani che si occupano di questo settore pastorale, dalle parrocchie, dalle associazioni e dalle Istituzioni di cura. Tante proposte che non si limitano alla sola celebrazione liturgica dell’11 febbraio, ma che segnalano un’attenzione che si estende durante tutto l’anno. Lì dove questa manca oppure si è un po’ addormentata, Papa Francesco nel messaggio scritto per l’occasione offre una prospettiva precisa: la “sapientia cordis”, la sapienza del cuore.
“In questa ‘sapientia cordis’, che è dono di Dio – spiega il Pontefice -, possiamo riassumere i frutti della Giornata mondiale del malato”. La “sapienza del cuore”, aggiunge Bergoglio, “è servire il fratello”; “è stare con il fratello”; “è uscire da sé verso il fratello”; “è essere solidali col fratello senza giudicarlo”. Insomma, il tempo speso con i malati non è perso, seppure a volte può sembrare monotono o risultare pesante. Anzi… È opportunità preziosa per vivere appieno. Chi vive la sofferenza, interroga, scuote le coscienze, fa da pungolo alla società attuale, che cerca la perfezione a tutti i costi e dimentica i più fragili. Per questo è importante fermarsi, ascoltare e riflettere sul “grande mistero del dolore e della malattia”. Prendersi cura dei malati non può essere un optional o un impegno da delegare ad altri. Per i credenti è frutto della fede. Per i non credenti è frutto della stessa umanità.
Un pensiero particolare, allora, oggi per chi soffre. Insieme a un impegno da vivere tutti i giorni: servire il malato con dedizione, amore e tenerezza. In una parola: con la sapienza del cuore.