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Editoriale / I molteplici volti della democrazia

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di Grazia Biasi

Occhi puntati sulle urne, quelle enormi casse di cartone da cui verrà fuori il responso. Con la destra o con la sinistra? È la domanda che sintetizza, seppur in maniera “frettolosa”, un orientamento verso un programma politico piuttosto che un altro, verso idee e valori. O almeno così dovrebbe essere. Perplessità invece di fronte allo stato delle cose: lo scenario della campagna elettorale per le Regionali, che speriamo nelle prossime settimane tocchi in maniera vibrante anche il nostro territorio, ha mostrato nuovamente segni di fragilità sul nascere.
L’andirivieni di candidati da una corrente politica all’altra rischia di essere il primo anello debole di una catena destinata a reggere il sistema economico, sociale, politico e culturale della nostra Regione (e così vada anche per le altre). E accanto ad esso il baratto tra candidati da inserire in lista al posto di altri. I progetti verranno poi.
La storia politica, quella degli illustri saggi, padri della democrazia del nostro Paese e della sua Costituzione, ci ha raccontato aneddoti di impegno civile e incondizionato, ma soprattutto di identità: uomini o donne ai quali è facile ancora oggi attribuire un ideale, un sogno, un’aspirazione non personale, ma perfettamente corrispondente ai sogni di gruppi piccoli o grandi di elettori.
Non sono nostalgie, ma gli anelli più forti di una catena che ancora regge e ci tiene in piedi, a cui ci si aggrappa volentieri – tutti – in caso di necessità. E il nostro bel Paese ha fatto continuamente ricorso a questa storia soprattutto negli ultimi anni, quando la crisi latente ha messo a dura prova il sistema: “In nome del sacrificio di tanti italiani, di chi ha lottato per arrivare fin qui e per fare del nostro un Paese democratico, produttivo”, abbiamo sentito pronunciare da più parti. In nome di quella Politica abbiamo trovato la strada e voltato pagina. Chiusa parentesi.
Il 31 maggio andremo ad eleggere i nuovi rappresentanti del governo regionale, con il timore, quello di sempre, che la politica napolicentrica guardi intorno a sé, quasi miope alle aree più lontane (quelle che in realtà contano meno in fatto di schede nelle urne). E’ il timore che ha messo radici nel cuore dei cittadini dell’Alto Casertano ormai da tempo, associato alla percezione che lo spopolamento delle aree interne – che tocca da vicino il nostro presente – possa acuire l’isolamento “politico”.

Più tavoli di partecipazione e di discussione, non solo in campagna elettorale; più confronto leale, più considerazione di quello che siamo

In questo modo, con il venir meno di speranze e una rassegnazione ormai palpabile tra la popolazione, siamo finiti (anche noi del Matese) nel calcolo di un’indagine Onu che ha misurato di recente la felicità degli italiani.
Si tratta del Programma di Sviluppo Sostenibile – ben 180 pagine – affidato a qualificati economisti, statistici, scienziati del comportamento sociale; un gruppo internazionale tra cui gli italiani Leonardo Becchetti, Luigino Bruni e Stefano Zamagni. Nella graduatoria mondiale l’Itali si trova al 50° posto, dietro a Paesi quali la  Spagna (36°), Trinidad e Tobago (41°), Uzbekistan (44°), Corea del Sud (47°), Ecuador (48°), Bahrain (49°). Gli estensori del rapporto dicono che tra i vari Paesi che, a causa della crisi, hanno registrato le cadute più significative, la Grecia e l’Italia sono tra quelli che maggiormente hanno sentito il “colpo”. Le Elezioni Regionali sono un’occasione per ridestare l’attenzione su alcuni temi fondamentali, tanto in campagna elettorale quanto dopo – al termine dei comizi – quando sarà l’ora per i rappresentanti del Governo campano di rispondere della fiducia che è stata loro accordata.
Non serve fare propaganda elettorale e svelare i problemi da risolvere; essi, sono gli stessi da tempo e vanno affrontati: la desertificazione produttiva e umana della nostra Regione e la conseguente disoccupazione; le piaghe del gioco d’azzardo e della prostituzione e del lavoro nero; i servizi sociali e il deficit sanitario (quest’ultimo pone la Campania agli ultimi posti della classifica nazionale); il disastro eco-biologico della terra dei fuochi e delle piccole aree toccate da “piccole e celate occasioni” di inquinamento (il nostro ridente Matese e le campagne del Medio Volturno custodiscono centinaia di mini discariche “improvvisate”).
E poi ci sono le nuove ramificazioni della camorra, le nuove strade percorse dalle organizzazioni criminali, complici spesso proprio gli uomini della politica (a livello locale, provinciale o regionale); e in ultimo, ma non in ordine di importanza, un’offerta turistica per la quale nessuno sembra assumersi seriamente e lealmente l’impegno di far decollare: la Campania possiede molto più di ciò che occasionalmente o con abitudine viene esposto. Partiamo allora da qui. Dal buono della nostra terra, dal buono che siamo e dalla speranza di poter dare voce crescente alle espressioni di arte, fede, cultura, sociale; alle pratiche politiche e democratiche che quotidianamente si manifestano al di fuori dei palazzi decisionali di governo: sono le aule scolastiche; le piccole associazioni culturali cittadine; le sedi delle caritas parrocchiali; i centri sportivi dei paesi in cui si ritrovano a crescere in “umanità” giovani e adulti; le sagrestie delle parrocchie dove si decide per il bene e la formazione di una famiglia allargata; le strade dei quartieri dove uno o più commercianti si interrogano sul loro futuro; le piccole e medie aziende agricole e zootecniche con il volto di giovani imprenditori segnati dal sole ma sorridenti; le associazioni per disabili cariche del peso e del dolore di intere famiglie che vanno avanti con tenacia; gli anziani sorridenti, seppur lasciati soli con il loro deposito di scienza, conoscenza e tradizioni da trasmettere. Sono radici che contano, ci ricordano da dove veniamo, saldano al presente le nostre storie chiarendo a tutti chi siamo ma soprattutto che ruolo abbiamo. Sì, che ruolo abbiamo nella politica della nostra Campania? Queste storie chiedono di partecipare al funzionamento e al compimento della democrazia di questa Regione.
Più tavoli di partecipazione e di discussione, non solo in campagna elettorale; più confronto leale, più considerazione di quello che siamo. Perché no? Quelle radici proietteranno rami e frutti verso l’alto, metafora (e qui ci sta tutta), di una vita che guarda lontano e sorride al futuro.

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