A un mese dalla scomparsa, la comunità di Raviscanina ricorda l’uomo e l’artista, poeta e pittore
Antonio Malorni – Da diversi anni ormai Aldo Nobile, il generale dei bersaglieri di Raviscanina, aveva compresso le sue visite al suo paese natale in pochi giorni a cavallo del periodo di Ferragosto per accompagnarsi al nipote Alessandro. Quest’anno, per il cambio di ferie del nipote, ha anticipato la sua venuta nel ridente borgo matesino ai primi giorni di agosto. Non è stata una sua scelta libera, come se avesse presagito qualche cosa, ma un evento casuale che, pur nella sua impredicibilità, gli ha consentito di chiudere la sua esistenza terrena nelle prime ore del 4 agosto nel posto dove era nato, a 84 anni, ancora molto ben portati.
L’evento ha creato molto cordoglio in tutta la comunità, nella quale il generale Aldo Nobile era una figura di spicco, e gli amici non hanno potuto non sottolineare come la sua dipartita fosse capitata nel giorno di San Domenico del vecchio calendario, quando tutti ci si riuniva a festeggiare Mimmo, un altro amico scomparso improvvisamente ormai da una quindicina di anni.
Come ho avuto già occasione di dire, Aldo non era nobile solo per cognome ma lo era prima di tutto per sentimenti di animo e per signorilità, qualità che erano state curate in lui dalla madre, donna Maria Mancini, appartenente ad una delle famiglie storicamente eminenti di Raviscanina. Il padre, Armando, era stato un uomo d’arme proveniente da Teano e in paese tutti lo chiamavano “colonnello Nobile”. Era stato lui a chiedere al figlio diciannovenne, studente universitario di giurisprudenza, di lasciare l’università per l’Accademia militare per abbracciare la carriera militare, che era stata tutta la sua vita. Il giovane Aldo, che forse aveva immaginato per lui una vita “civile”, visse giorni di travaglio interiore e solo il consiglio di Giovannino, suo amico d’infanzia con il quale si confidava maggiormente, di ascoltare il consiglio del padre, anche per obbedienza per affetto, gli fece decidere di dare una svolta alla sua vita, entrando all’Accademia militare di Modena. Accantonava, così, anche se non definitivamente, le sue passioni per la poesia e la pittura, alle quali ritornò dopo il suo congedo per trascorsi limiti di età, dopo aver servito l’Italia sempre al massimo del suo impegno e delle sue capacità, ricevendo per questo encomi e riconoscimenti.
Il generale Aldo Nobile, come era da tutti conosciuto, era in verità un poeta e un pittore di rara raffinatezza molto apprezzato da quella parte di amici che avevano potuto scoprire queste sue passioni. Ma il giudizio degli amici poteva non essere obiettivo per cui, per mettere alla prova le sue capacità artistiche, vincendo la sua riservatezza, residuo anche delle oltre quattro decadi di vita militare, decise di far valutare da sconosciuti le proprie potenzialità. Inutile dire che le sue poesie hanno sempre riscosso successo nei vari concorsi letterari ai quali ha partecipato, vincendo in molti casi il primo premio. Rassicurato da questi successi, finalmente accettò di pubblicare alcune sue liriche sul periodico “Narrazioni”, nato a Raviscanina in corrispondenza della morte del suo amico Mimmo, e su altre testate.
Tra le sue liriche a me ne sembrano particolarmente significative due, anche per come si è conclusa la sua esistenza terrena.
Quella dal titolo Quelle voci, recita:
Sono tornato nella vecchia casa
dalle pietre bianche,
percorrendo crinali di memorie
e sfiorando crepacci di ricordi.
Con me sono entrate in ogni stanza
le luci trasparenti del tramonto.
In quell’ambiente quasi senza tempo
mi è sembrato ancora di ascoltare
un lontano racconto di silenzio.
Il sapore del vino e dell’autunno,
un richiamo perduto in lontananza
e il pensiero di tutte le emozioni
che un giorno sfiorirono così.
Le ombre disegnate alle pareti
quasi dei sogni mai dimenticati.
Ho aperto le finestre sulla notte
ed ho riconosciuto quelle voci
che il vento, con mille suggestioni,
raccoglieva, tremando, tra gli ulivi.
Egual successo ebbe anche con la pittura e un suo dipinto, intitolato “Settembre 1999” è addirittura citato negli atti di un convegno scientifico tenuto a Rimini nel 2000, nei quali si può leggere:
“ …. E nell’elaborare i nostri temi di ricerca coltivavamo altre utopie, tra cui quella di poter esplorare la sottile linea rossa, che separa lo stato di salute da quello di malattia, attraverso lo studio delle alterazioni delle sequenze di macromolecole, inizialmente proteine, per approntare idonei strumenti preventivi. Nel momento in cui questa utopia si sta allargando in questi anni anche allo studio del DNA, ne ho avuto una visione artistica nell’opera Settembre 1999 di Aldo Nobile, un artista che vive ed opera a Monza.
Gran parte della tela rappresenta un cielo appena velato su una sottile striscia di mare azzurro intenso con due onde che si muovono verso riva, dove altre onde sono già arrivate. Una sottilissima striscia di spiaggia con un solo ombrellone chiuso completa l’opera. Coltivare l’utopia è guardare lontano, verso l’irraggiungibile orizzonte e scegliere l’onda, o le onde, con le quali sentiamo inspiegabilmente una maggiore risonanza, accompagnandole con lo sguardo a riva dove ne osserveremo l’ultima evoluzione. Ed in questo processo ognuno si ritrova solo, anche se ci sono altri che come noi osservano la stessa onda. Ma sono occhi diversi……”
Quando Aldo lesse la mia relazione capì il valore anche della sua opera pittorica e l’estate successiva mi portò in regalo il quadro che avevo solo visto una volta ma che mi aveva tanto colpito da utilizzarlo per spiegare lo stato d’animo di scienziati, giovani e meno giovani, protesi non nella effimera ricerca di un successo passeggero ma impegnati in un solido avanzamento della ricerca e della conoscenza scientifica. Ora quel quadro, che campeggia nel soggiorno della mia casa di famiglia a Raviscanina, mi ricorderà di questo amico per tutti gli anni che il Signore vorrà ancora concedermi.