Che cosa ci fanno il conciato romano, l’oliva caiazzana, la cipolla di Alife, in una pizzeria del Veneto? E come ci sono arrivati?
di Michele Menditto | Entrare da “Grigoris”, non lontano da Mestre, e sfogliarne il ricco menu di pizze e piatti, è un po’ come compiere un breve tour fra le peculiarità gastronomiche di ogni parte del nostro Paese. Per chi è cresciuto nelle terre del Matese e della Valle del Medio Volturno, è come ritrovare un pezzetto di casa, una piacevole sorpresa per la vista e soprattutto del palato che riconosce sapori familiari. Difficilmente infatti ci si aspetterebbe di poter gustare l’oliva caiazzana o il conciato romano in una pizzeria a due passi da Venezia, e perciò leggerne per caso i nomi in una lista di deliziose pizze gourmet fa inizialmente strabuzzare gli occhi dalla curiosità: sono proprio gli stessi, buonissimi prodotti delle colline di Caiazzo e Castel di Sasso?
Il dubbio è presto chiarito, e lo spiega proprio Ruggero Ravagnan, per tutti Lello, proprietario di Grigoris, tra le più rinomate pizzerie d’Italia per qualità e attenzione al buon gusto, che ci ha raccontato di come, quello con prodotti e produttori del nostro territorio altocasertano, sia ormai da anni un ottimo e consolidato rapporto di stima e fiducia, che nel tempo lo ha spinto ad attingere alla nostra tradizione gastronomica per arricchire il catalogo di ingredienti che contraddistingue la sua cucina.
L’oliva caiazzana, il conciato romano, la marmellata di fichi, mozzarelle (in qualche occasione), e da pochissimo anche la cipolla alifana impreziosiscono alcune delle pizze più buone e richieste dalla sua clientela. «La gente è entusiasta e li apprezza tantissimo – dice Lello – e devo dire che trovo le pizze con i prodotti del Sud più belle e solari».
Sembrerebbe quasi scontato scrivere di quanto sia normale e prevedibile, per prodotti di eccellenza come i nostri, valicare i confini regionali e incassare l’apprezzamento di buongustai e ristoratori di altri luoghi d’Italia, vista la loro indiscussa bontà e qualità. Eppure vale la pena di soffermarsi su ciò che ha innescato, e soprattutto corroborato, il legame gastronomico fra due territori tanto distanti. Lello ne parla con molto piacere: «Un mio ex dipendente continuava a raccontarmi di quanto fosse buona la cucina del suo paese di origine, Baia e Latina. Alla fine mi ha convinto, e da lì è nata la mia curiosità per i prodotti di quel territorio. Mi sono rivolto a Slow Food inizialmente, poi è arrivata l’amicizia con ottime persone che mi hanno fatto sentire a casa».
Le persone di cui parla sono nomi già noti nel panorama enogastronomico dell’alta provincia di Caserta, di cui Clarus ha già scritto in passato (e continua a farlo spesso, ben volentieri) raccontandone la passione e la lungimiranza di imprenditori dell’agroalimentare, e soprattutto la sapienza nel tramandare una tradizione culinaria radicata nella storia del territorio. Parliamo di Manuel Lombardi (Le Campestre, Castel Di Sasso), Franco Pepe, maestro della pizza (Pepe in Grani, Caiazzo); Antonio Sangiovanni (Agriturismo Sangiovanni, Caiazzo), Mimmo La Vecchia (Il Casolare, Alvignano), e da poco Antonietta Melillo da Alife con le sue buonissime cipolle. E’ grazie anche e soprattutto alla loro tenacia se oggi tante delle eccellenze che nascono in questa terra riscuotono interesse un po’ ovunque.
E allora ben vengano le sorprese che ci possono riservare i menu d’Italia, come quello di Grigoris, la cui storia raccontataci da Lello attraversa quasi l’intero Paese e dimostra come siano prima di tutto le persone, le idee e l’impegno a fare la differenza e a decretare il successo di un prodotto, legando passioni, sapori ed esperienze sul filo del gusto e, non meno importante, della valorizzazione di una gastronomia tipica. Lello infatti sostiene: «Noi ristoratori abbiamo un ruolo centrale per la promozione di prodotti e dei loro territori e allo stesso tempo per trasmettere il senso di rispetto per ciò che si mangia».
E’ uno scambio reciproco che si realizza non soltanto con l’avvicinarsi di culture gastronomiche diverse, ma anche quando le piccole aziende locali riescono a crescere ed evolversi grazie all’interesse di cuochi e ristoratori per cibi sani e dalle caratteristiche uniche. E i nostri dimostrano di farsi apprezzare, amare e gustare anche a oltre 700 km da qui; una porta aperta su uno spicchio di Campania che nonostante una certa cattiva pubblicità riesce a far emergere tutto il buono che possiede, e non è mica poco.