Le indagini dei Carabinieri scagionano i tre giovani matesini, accusati nel 2015 di violenza sessuale, ma in realtà vittime di una “trappola”
La Redazione | Se n’era parlato molto circa un anno fa, era l’aprile 2015: cinque uomini venivano accusati di stupro di gruppo da una 36enne di Cusano Mutri, vittima del branco e della sua violenza. I presunti colpevoli, tra cui tre giovani di Alife, Sant’Angelo d’Alife e Baia e Latina, finivano ai domiciliari, poi rilasciati per la revoca della misura cautelare.
Oggi le indagini dei Carabinieri rivelano dinamiche degli avvenimenti molto differenti, dimostrando come a volte l’attenzione nel trattare alcune notizie possa evitare giudizi affrettati e soprattutto il fango gettato sulla dignità delle persone.
All’epoca dei fatti, quando i ragazzi erano stati già etichettati come probabili responsabili della violenza, avevamo evidenziato che il caso poteva nascondere un’altra verità, diversa dalle accuse che pendevano sui giovani, e allo stesso tempo chiamavamo in causa una stampa frettolosa nei giudizi, e ci chiedevamo il perché di una nota degli stessi Carabinieri in cui si dava per scontata la loro colpevolezza.
Le indagini, si viene a sapere oggi, hanno portato alla luce un’altra versione dei fatti, la stessa propugnata dagli allora presunti colpevoli, i quali, quella notte, decisero di trascorrere una serata in maniera di certo incauta e discutibile, intrattenendosi con la donna dietro pagamento, ma senza alcun tipo di violenza: l’Arma dei Carabinieri ha raccolto infatti gravi indizi di colpevolezza a carico della 36enne che aveva denunciato i cinque, la quale è ora accusata di calunnia ed è stata raggiunta da un’ordinanza di misura cautelare dell’obbligo di dimora, emessa dal Gip del Tribunale di Benevento. Assieme a lei, lo stesso provvedimento di obbligo di dimora nel comune di residenza è arrivato per il 70enne che rientrava tra i 5 denunciati dalla donna, ora accusato di sfruttamento della prostituzione in quanto egli organizzatore dell’incontro.