Home Attualità Bruxelles / Piedimonte Matese. Una testimone ci racconta la strage terroristica

Bruxelles / Piedimonte Matese. Una testimone ci racconta la strage terroristica

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La città era cosciente di un imminente attentato. Ma i controlli, hanno davvero funzionato? La testimonianza di una giovane avvocato di origini piedimontesi che lavora nella Capitale d’Europa

bruxelles airportLa Redazione | “22 marzo 2016. È stata la volta della mia città, della mia Nazione. Perché Bruxelles non è solo il luogo dove noi italiani ci trasferiamo per lavorare, ma è il luogo dove decidiamo di costruire la nostra vita, di rincorrere i nostri sogni, di realizzare i nostri progetti. La rabbia è tanta. Dopo gli eventi di Parigi del 13 novembre 2015, Bruxelles è una città sotto assedio. Non potevano coglierci impreparati. È da novembre che la città aspetta un attacco terroristico, è da novembre che ci sono perquisizioni e arresti. È da novembre che le nostre vite sono state influenzate e cambiate. Ma forse Bruxelles ha evitato il peggio, se altri esplosivi sono stati trovati all’aeroporto di Zaventem e disinnescati dagli artificieri”.
Mariangela Cocca, giovane avvocato – per metà di origini piedimontesi – lavora da qualche anno presso uno studio legale di Bruxelles.
Ieri mattina stava uscendo di casa per andare al lavoro quando tutto si è fermato, tutto è rimasto sospeso.
Dalle sue parole il racconto di quei terribili attimi e quelli successivi; notizie che la coinvolgono direttamente anche attraverso l’esperienza degli amici già in giro per le strade cittadine.
“Ero ancora a casa, quando le prime notizie sulle esplosioni a Zaventem hanno cominciano ad affiorare. Ho acceso la tv, chiamato subito un’amica la quale, ignara di tutto, era sull’autobus numero 59, vicino alla fermata della metro Maelbeek. Il telegiornale ha annunciato in quel preciso istante un’altra esplosione all’altezza metro Maelbeek. L’autobus su cui viaggia la mia amica viene fatto evacuare, la gente inizia a correre. L’ho reincontrata solo più tardi”.
Mariangela da casa ha provato a ricostruire l’accaduto: impossibile avere chiarezza e certezza di fatti concreti e veri.
“Tutti i mezzi di trasporto, gli uffici, i tribunali, le cancellerie, le scuole sono stati gradatamente evacuati e le metro chiuse. Gli autobus, i tram sono rientrati immediatamente nei loro depositi… Per le strade il grido violento di sirene, motori e voci concitate di gente; mentre in cielo il frastuono degli elicotteri che si sono alzati in volo”.
Un quadro, quello che ci ha descritto Mariangela, facile da immaginare; difficile però da percepire nelle sensazioni, nella paura e nella consapevolezza (o inconsapevolezza) dell’accaduto.
Eppure nell’aria si respirava da tempo il pericolo di un serio attentato: “La mattina del 14 novembre ho preso il volo Bruxelles Zaventem – Roma Fiumicino per tornare in Italia. All’aeroporto non mi è stata controllata la carta d’identità: l’“intelligence” sa a priori che Mariangela Cocca non è un soggetto pericoloso. Mi piace pensare che sia così. Controlli blandi… E così anche nei mesi successivi. O forse solo controlli invisibili, impercettibili ma esistenti ed efficienti. Tuttavia i fatti parlano chiaro: la città è stata colpita”.
Parole che fanno riflettere: a che punto sono i controlli nei principali aeroporti d’Europa? La sicurezza dei passeggeri è davvero garantita quotidianamente?
“Lo stato di allerta è ai livelli massimi, ma questa volta non ci sarà il lockdown a paralizzare Bruxelles. Il Ministro-Presidente della Regione Bruxelles-Capitale, Rudi Vervoort, ha annunciato che le scuole, gli uffici, i centri commerciali riapriranno regolarmente mercoledì (cioè oggi, ndr).  La parola d’ordine è una: non lasciarsi piegare. Non è chiaro se ciò voglia dire abituatevi e riprendete il vostro quotidiano.
E proprio in nome di una necessaria regolarità, questo pomeriggio vi è stato un raduno di cittadini alla Bourse per commemorare le vittime degli attentati. “Molti di noi italiani – riprende Mariangela – saranno lì per difendere i valori fondamentali delle nostre Costituzioni, a quali siamo più legati oggi che ieri. Il renderci vittima e testimoni di attentati alla libertà, fa nascere in noi un senso di civiltà e di giustizia che forse avevamo dimenticato. Si impara il valore delle cose quando esse sono minacciate. O non ci sono più. Ma allora, è troppo tardi”.

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