Da circa un mese ha sostituito Mimmo Mastroianni alla guida della Condotta Slow Food Volturno. Collaboratore di fiducia di Franco Pepe, seleziona per lui le migliori farine. E’promotore di un “ritorno alla terra” in nome della qualità e della passione per la campagna
La Redazione – “Ho conosciuto Slow Food sotto un albero di ulivo mentre preparavo la tesi di laurea sull’oliva caiazzana. Una lunga chiacchierata con Nicola Sorbo, oggi consigliere nazionale dell’Associazione, ma all’epoca sindaco e promotore del marchio dop del pregiato frutto, e poi la scelta di collaborare con il Movimento per promuovere questa terra e i suoi prodotti”.
Vincenzo Coppola, 34 anni, agronomo, vive a Ruviano. Per professione si occupa di aziende vitivinicole e oleicole, ma per passione ha scelto di dare una mano ai contadini del Medio Volturno perchè sulle tavole ritornino il buon cibo e la qualità, sinonimo di salute. La sua esperienza professionale e personale arricchisce le pagine della storia locale di valori e sentimenti che dicono quanto sia bello e importante “restare” ed investire le proprie competenze per il futuro delle terre di Caiazzo, Ruviano, Alife, Piedimonte, Dragoni e i numerosi comuni dell’area.
A lui si deve il recupero di due eccellenti prodotti alimentari locali: il pomodoro riccio e in particolare il Grano Nostrum.
Il primo è l’ingrediente principale della Margherita sbagliata di Franco Pepe (definita Pizza dell’Anno da Gambero Rosso), il pizzaiolo di Caiazzo famoso in tutto il mondo per la qualità del suo impasto e degli ingredienti che arricchiscono le sue pizze.
Il secondo è un prodotto che viene dai grani del ventennio fascista (tanto che esso è registrato ufficialmente come Grano Autonomia, in ricordo dell’autonomia alimentare che il Regime di Mussolini chiedeva per la panificazione) che la famiglia di Vincenzo – di tradizione contadina – ha lungamente conservato e prodotto.
Stiamo parlando di profumi e sapori pregiati, di quelli che oggi occuperebbero le copertine e le pagine delle migliori riviste di cucina e nutrizione (e in parte già avviene) e lunghi spazi televisivi in tutto il mondo, visto che l’arte della cucina non è più solo ‘ricette’, ma stile, eleganza, tendenza, ricerca, scienza: si tratta delle terre tra Caiazzo e Ruviano dove il pomodoro riccio, risulta tra i migliori in Italia per il contenuto di polifenoli (in grado di neutralizzare i radicali liberi) che conferiscono all’ortaggio gusto, profumo, corposità. Vincenzo recuperandone i semi è riuscito ad impiantarne di nuovi e passare i germogli ad altri giovani che come lui hanno deciso – dopo gli studi universitari – di tornare alla terra in nome della qualità e dell’originalità di questi prodotti.
“Si tratta di un pomodoro che non necessita di molta acqua, né di alcun trattamento: la sua produzione è totalmente biologica, il che significa anche una resa minore”, spiega Vincenzo che ha fatto del biologico il suo principio fondamentale, coniugando competenze professionali e passione per la campagna nei risultati che ormai sono sotto gli occhi di tutti: non solo di un pomodoro succoso a fine raccolto, ma una rete di relazioni che oggi animano tutto l’Alto Casertano grazie al coinvolgimento della sua famiglia, di altre famiglie contadine, e di numerosi giovani intorno ai concetti di qualità, legalità e buon vivere.
“Gli anni trascorsi a studiare e l’esperienza quotidiana tra i campi sono gli ingredienti fondamentali per simili progetti”. Non ci si affida al caso, nè soltanto – come avveniva un tempo – al mutare delle stagioni, ma “competenza e professionalità sono alla base di qualunque lavoro, anche se si tratta del recupero di tradizioni antiche, e con esse di coltivazioni di un tempo”.
E questo lo conferma la sua lunga ricerca sul Grano Autonomia, che lui ha ribattezzato Nostrum, “perché – ci spiega – non è più il grano ‘assegnato’ come voleva il Regime, distribuito e limitato seppur la sua produzione fosse abbondante; esso è ormai il grano di tutti, di quei contadini che hanno deciso di intraprendere una nuova avventura anche se in controtendenza rispetto al consumo di farine cui ci ha abituati il mercato”.
Il Grano Nostrum viene prodotto da diverse famiglie su 10 ettari di terreno nel territorio caiatino, con l’impegno da parte dei contadini di ridistribuire i semi per permettere ad altri ancora di piantarlo. Viene macinato a pietra, come un tempo, senza ulteriori raffinazioni e il profumo della sua farina – proprio come avveniva in passato – è unico.
Anch’esso è prodotto in maniera biologica e biodinamica nel totale rispetto dei tempi e delle stagioni: grazie a questo processo, è stato possibile confermare che si tratta di un prodotto salutare, con meno glutine e quindi più adatto nelle diete per una sana alimentazione.
Il suo impiego sta lentamente tornando in uso soprattutto per la produzione di panini, e per la Margherita sbagliata di Franco Pepe: “questa farina genera un impasto altamente digeribile, gradevole, qualificando la pizza come un prodotto unico…e smentendo che i rigonfiamenti sui bordi delle pizze siano sinonimo di qualità e digeribilità”. Una curiosità che ci svela Vincenzo e ci lascia sorpresi!
In Finlandia, paese nordico cui guardiamo come modello di civiltà e di sviluppo, è stato di recente pubblicato il primo libro a livello mondiale sulla pizza, e in esso un intero capitolo è dedicato alla storia del Grano Nostrum e alla pizza di Franco Pepe; sottovoce anticipiamo che entro il prossimo inverno, altri due libri – questa volta in Italia – racconteranno di questa straordinaria avventura.