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1° maggio, Festa dei Lavoratori. Mons. Valentino Di Cerbo: “Fare gruppo, lavorare in rete per vincere la disoccupazione”

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La Redazione – Sulle pagine del nostro mensile Clarus in uscita troverete un’interessante intervista al vescovo di Alife-Caiazzo, Mons. Di Cerbo. Le sue parole si inseriscono in una più ampia riflessione sul lavoro e sulla disoccupazione dei giovani del territorio, ma anche sull’esperienza lavorativa di tanti mal retribuiti.
Le parole del Vescovo sono anche parole di speranza, incoraggiamento verso il futuro e fiducia nelle capacità di tanti giovani professionisti e piccoli imprenditori in grado di rilanciare il concetto stesso di lavoro puntando sulla modernità e l’investimento nel campo delle tecnologie.
Riportiamo un breve estratto dell’intervista.

vescovo di cerbo su primo maggio

Uomo e lavoro. Binomio stridente, binomio discusso e spesso insoluto…
Il binomio uomo e lavoro richiamano il concetto di dignità.
Un uomo senza lavoro non è in grado di esprimere se stesso, di manifestare personalità, identità. Non può affermare né progettare il suo futuro o peggio ancora quello della sua famiglia.
Senza lavoro rischia di essere un uomo umiliato nella sua dignità di persona.

È possibile cambiare e migliorare la condizione di chi continuamente è alla ricerca di lavoro, e di dignità…?
Affrontare il problema dell’occupazione lavorativa non è più un discorso di governi o leggi, ma una rivisitazione del concetto stesso di lavoro, investimento, inventiva, ricerca e studio.
Da Pastore colgo tristezza, amarezza, sfiducia soprattutto tra i giovani ai quali invece viene chiesto di guardare avanti, guardare oltre le difficoltà di questo momento.

Quali soluzioni – o meglio – quali speranze intravede un Vescovo in questo cammino?
Mettersi insieme: solo così è davvero possibile guardare oltre. Cercare tra giovani idee vincenti e contare l’uno sul contributo dell’altro, ma non da soli, senza temere di fare gruppo, di lavorare in rete dove le migliori competenze e professionalità possono essere messe al servizio di più persone.
Se il nostro rimane un territorio a vocazione agricola, da cui è possibile commercializzare prodotti di qualità, allora bisogna reinventarsi le tecniche di proposta e rivalutazione di essi, e farne non solo prodotti di esportazione, ma anche strumenti attrattori.
I nostri giovani possiedono un dono: creatività ed umiltà illimitati.

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