Due bandiere a brandelli. Immagine concreta di una realtà offesa, di una dignità lacerata, di un futuro già strappato
Solo pochi giorni fa i sindaci di sei comuni del Matese hanno incontrato il presidente della Regione Vincenzo De Luca per le necessarie rassicurazioni sui fondi agli edifici danneggiati dal sisma del 2013. Ma del futuro concreto dell’Istituto Agrario non si è parlato.
Per due mesi consecutivi su nostro mensile ci siamo occupati della storica scuola dei Borboni; dapprima per raccontarne le potenzialità, e poi per denunciare la solitudine di studenti e professori di fronte a tutto questo.
Una lettura che volentieri riproponiamo anche sul web. Per riflettere, in attesa di risposte.
Rocco Costantini | Quando un gruppo di studenti arriva a scomodare un Ministero e la Presidenza del Consiglio, ultima ed estrema risorsa a cui affidare le proprie speranze e il desiderio di godere appieno del proprio indirizzo di studi, non si può far altro che fermarsi e domandarsi: l’Istituto Agrario di Piedimonte Matese, gioiello di storia e identità locale oltre che scuola all’avanguardia, ha davvero così poche prospettive di riaprire i suoi cancelli?
È da quel fatidico 29 dicembre 2013, giorno che i matesini ricordano alla pari di un incubo a occhi aperti, col terremoto a scuotere tranquillità e sicurezze radicate, che l’attuale ISISS – Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore non può ospitare le attività didattiche poiché non idoneo a garantire l’incolumità degli alunni. Interventi di messa insicurezza si impongono come condizione indispensabile per la fruizione scolastica, senza però che nessuno di essi sia sopraggiunto ad accomodare la situazione disagevole.
E così, dopo due anni di proteste e di peregrinare da una sede provvisoria all’altra, gli studenti fanno appello al premier Matteo Renzi e al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Un grido di speranza, per non restare indietro, e per non sentirsi dimenticati. Perché il timore che pian piano si fa strada è proprio quello del silenzio e dell’immobilismo.
Ma come si è arrivati a questa extrema ratio?
Un terremoto scolastico.
Il sisma del 2013 lascia segni profondi in diversi edifici e luoghi pubblici della città di Piedimonte Matese, e l’edificio dell’Agrario in via Monte Muto è tra questi. I danni strutturali costringono il Comune a inibirne l’accesso attraverso un’ordinanza: aule e laboratori diventano off limits per studenti, docenti e personale scolastico, poiché inagibili e dunque non più consoni a svolgere la loro funzione. Neppure le aree esterne, vere e proprie aule a cielo aperto dedicate alla pratica e alla didattica della terra, vengono escluse dall’operazione sicurezza, rimanendo per un primo periodo inaccessibili. Gli studenti restano esuli dei luoghi necessari al percorso formativo che hanno scelto, mentre le sorti dell’Istituto entrano in un limbo nebbioso dove i quando e i come dei lavori di sistemazione fluttuano senza risposta. E’ la Provincia di Caserta, ente proprietario dell’immobile, a dover intervenire per risanare i danni alla scuola, e fa richiesta di fondi alla Regione Campania, ma le attese non vengono ripagate: trascorsi più di 24 mesi, ancora ci si chiede se l’urgenza di trovare una soluzione per questi ragazzi venga realmente percepita dai vertici istituzionali, finora incapaci di provvedere al danno subito dall’edificio.
Una scuola che conta.
Eppure, si tratta di un istituto che ha formato intere generazioni di esperti agrari, e che negli ultimi anni sta raccogliendo “nuove leve” in misura sempre maggiore, in linea con la crescente attenzione alla rinata imprenditoria agricola, quella che anche nel territorio matesino sta crescendo e raccogliendo frutti con nuove e lungimiranti prospettive. Un luogo che è prima di tutto Storia: una delle più antiche scuole agrarie d’Italia che nasce nel 1888 come Scuola Pratica di Agricoltura, stabilendosi poi in un edificio ancora più antico, ex convento francescano risalente al ‘500. E che oggi è soprattutto strada verso il futuro, a cavallo fra attenzione alla tradizione e sguardo rivolto alla modernità e alle nuove tecnologie. Teoria e pratica come binomio fondante di un’offerta formativa sempre al passo coi temi, in una scuola che ormai (soprav)vive nonostante le difficoltà che gravano sull’anno scolastico, e che oggi non si può che definire “zoppicante”, schiacciata dall’inerzia di chi invece dovrebbe tutelare il diritto allo studio delle giovani generazioni.
Monta la protesta.
Quello che, inizialmente, sembrava essere solo un piccolo fardello inevitabile da portare sulle spalle fin quando le cose non fossero tornate sui binari della regolarità, è divenuto col passare delle settimane una vera e propria emergenza. Anzi, un’odissea per gli studenti, che in questi mesi hanno ricevuto ospitalità dagli altri istituti superiori di Piedimonte, adattandosi a un “fare lezione” diverso da quello immaginato, senza la possibilità di accedere con facilità alle aule e ai laboratori (alcuni sono stati trasferiti), ma almeno con la possibilità di usufruire dell’azienda agricola dove fare pratica e continuare a produrre vino, olio, olive e verdure.
Nonostante tutto, i ragazzi non si sono arresi, e nel corso di questi lunghi mesi hanno fatto sentire la propria voce. A una prima manifestazione di protesta ne sono seguite altre, con cortei, striscioni, appelli alla stampa e alle istituzioni. Anche i sindaci dei Comuni matesini, principali centri di provenienza degli studenti, si sono uniti nei solleciti a Regione e Provincia, incassando il vuoto.
La lettera a Matteo Renzi.
Scrivere ai rappresentanti del Governo, al Presidente del Consiglio e al Ministro Giannini, è ad oggi l’ultimo degli SOS lanciati dagli studenti dell’Agrario: «Sono oltre due anni che ci rivolgiamo a quanti possono e devono far fronte a questa situazione, ma senza alcun risultato, solo parole e promesse, fatti nemmeno uno», si legge nel testo inviato a Renzi. Richiesta di aiuto che sa, inutile dirlo, anche di denuncia e critica verso un mondo, quello delle istituzioni e della politica, che in questo caso si rivela inefficace e non sembra interessato a risolvere i disagi quotidiani di 200 studenti. È un chiamare in causa responsabilità e doveri verso quella che spesso, soprattutto nei grandi discorsi e dibattiti pubblici, viene indicata come la speranza del futuro, la nuova generazione, salvo poi essere trascurata per due anni dai grandi bilanci.
Risposte e fatti concreti sono le richieste avanzate nella nota inviata al Premier, soluzioni ai disagi che hanno pesato in tutti questi mesi, perché ad essere considerati “utenti di serie B”, i ragazzi proprio non ci stanno.