Presto il prezioso scrigno d’arte sarà inserito nel programma Vie della Bellezza della Conferenza Episcopale Italiana
La Redazione | Finalmente la Cappella di Sant’Antonio Abate in un libro: questo prezioso tesoro d’arte è stato “raccolto” per la prima volta da Geppino Buonomo, cultore di arte e storia locale nel testo Gli affreschi della Cappella di Sant’Antonio Abate in Sant’Angelo d’Alife dove le foto, accompagnate dalla descrizione dell’intera opera si rivelano uno strumento utile da cui partire in vista di uno studio più approfondito. È stato lo stesso autore a parlarne come di un punto di riferimento soprattutto per i tanti giovani del territorio che hanno intrapreso studi artistici presso la facoltà di Scienze dei beni culturali senza la pretesa – da parte dello stesso Buonomo – di aver rivelato nulla di nuovo, ma dedicato tempo a raccogliere e uniformare le notizie storiche e artistiche intorno a questo luogo, e il merito di aver chiamato a parlarne la dott.ssa Anna Delle Foglie, storica dell’Arte e ricercatrice sugli affreschi della Cappella Caracciolo a Napoli nonchè protagonista di un importante progetto della Conferenza Episcopale Italiana, Vie della Bellezza, in cui sarà inserita anche la cappella santangiolese.
Gli affreschi di Sant’Antonio Abate (leggi qui la cronaca del restauro) sono uno degli esempi della pittura del Quattrocento in Campania, in cui il linguaggio tardogotico assume cadenze particolari, potremmo definire “locali”, quasi dialettali, come a ricevere dal luogo una mano “originale”, discostandosi leggermente dai modelli coevi di Napoli. Ne è un esempio l’albero di Jesse qui rappresentato che richiama il modello iconografico dell’albero presente nella Cappella Minutolo della città partenopea. Questa popolarità dei segni rivela la sua forza nella scena quotidiana della natività, in cui la Vergine e il bambino sono ritratti in un contesto rustico, o meglio ancora locale.
Così come avvenuto per la Cappella di San Biagio a Piedimonte Matese, anche in quella di Sant’Angelo lavorarono maestranze provenienti dall’Italia centrale.
Nell’introduzione al libro è proprio la Dott.ssa Delle Foglie a porre l’attenzione su altri due aspetti particolari di questo luogo: “la committenza e l’inconografia antoniana”. La prima è ricondotta al nome dei Marzano, la seconda al culto – di radice laica – per un santo taumaturgo.
“D’altra parte l’ordine ospedaliero a Napoli – si legge sempre nella parte introduttiva del libro – con sede nella precettoria di Sant’Antonio a Foria, dipendeva direttamente dalla casa madre di Vienne e dunque aveva tutto l’interesse a divulgare il culto del Santo Eremita nel Regno, anche nei territorio di provincia…”, tant’è che tali episodi agiografici ritornano spesso in Campania (affreschi di Pantuliano e Teano).
Tra i relatori anche il dottore Pasquale Simonelli, originario del luogo e presidente dell’Associazione Storica del Medio Volturno: da cittadino sorpreso di tanta bellezza, da tale ricchezza per decenni nascosta, trascurata, mai narrata. Tra i suoi ricordi di bambino – ha raccontato il presidente – non un’immagine che possa ricondurre al prezioso scrigno d’arte, recuperato a tanto splendore solo recentemente. L’Alto Casertano, come ha più volte sottolineato durante il suo intervento, è bello, è ricco, merita l’amore e la riconoscenza di chi lo abita e ne è custode.