Il giro tra i reparti, la sosta nelle camere, l’incontro con i volontari dell’Avo e con i medici: non poteva concludersi nel modo migliore la Visita pastorale di Di Cerbo alla sua Diocesi
Anna Rita Zulla | Gli ultimi giorni di Visita Pastorale alla Diocesi di Alife-Caiazzo, Mons. Valentino Di Cerbo li ha dedicati all’ospedale civile Ave Gratia Plena di Piedimonte Matese.
Una presenza nuova e molto attesa, un toccasana per l’animo e il corpo non solo per i pazienti, giovani, anziani sofferenti ricoverati, ma anche per tutto il corpo medico, per gli operatori sanitari e per quanti quotidianamente offrono il proprio servizio nell’ambito ospedaliero.
Il vescovo ha scelto di dedicare due giornate intere, domenica e lunedì, a questa missione, sorridendo, dando la mano, abbracciando e consolando le persone lì incontrate. La visita è iniziata con la celebrazione della messa di domenica mattina nella cappella ed è proseguita con il giro di tutti i reparti del nosocomio, inclusa la struttura esterna della SIR (Struttura Intermedia Residenziale per malati psichici) , dove ha ricevuto una grande e calorosa accoglienza. E’ stato accompagnato nel suo giro visite dal cappellano dell’ospedale don Eusebio Swiderek, che ormai da un paio d’anni svolge lì la sua missione con gioia e attenzione, conquistando il cuore e la simpatia di tutto il personale.
La presenza del vescovo Di Cerbo ha davvero lasciato in questi due giorni, tra i corridoi, i reparti, gli atri dell’ospedale, un alone di speranza, un sollievo repentino, quella ventata di aria fresca e risollevante che solo la presenza di Cristo può portare. “Non posso spiegare il perché della malattia – ha detto Di Cerbo -, del dolore, dell´angoscia, della delusione. Non ho la risposta a tutte queste domande che sono legittime. Sono venuto e vorrei essere con voi e tra di voi soltanto un eco di quella grande speranza che ci dona la persona di Gesù. In Gesù è Dio stesso che si è chinato verso l´uomo. Si è fatto uomo con tutte le conseguenze che la natura umana porta in sé. Conosce l´esistenza umana, la sua fragilità, la sua malattia, il fatto innegabile che siamo uomini bisognosi e mortali. In Gesù – ha continuato parlando alla gente – Dio stesso si è fatto compagno di viaggio, non dall’alto e dall’esterno, ma dalla malattia che colpisce e stravolge il nostro quotidiano, quella vita che pensavamo di avere in mano e che invece non possediamo. La malattia porta spesso all’isolamento, allo scoraggiamento, alla paura e a volte alla disperazione. Ma spesso la malattia dona alle persone anche la forza per ripartire e ci permette di mettere a fuoco quello che veramente è importante e quello che veramente resta nella nostra esistenza”.
E’ questo un messaggio carico di speranza certa, perché non siamo soli: c’è Maria sollecita con ognuno di noi; c’è Gesù, che non si dimentica di nessuno, che lenisce e prende su di sé ogni dolore. E’ la certezza che ci arriva dalla fede e che questa presenza religiosa ha desiderato portare, soprattutto a chi è provato nel corpo e fiaccato nell’animo. Ancora di più in questo Anno Santo della Misericordia, nel quale il Papa ci invita a riscoprire il valore sanante delle opere di misericordia corporale e spirituale, per aprire il cuore – egli ci ricorda – “ a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali”.
Momenti davvero emozionanti e ricchi di speranza; la benedizione del Vescovo nelle camere, nei reparti, in chirurgia, medicina, oncologia, cardiologia.
La mano di Dio tra quei letti, tra le flebo, tra le ferite, che tocca, sana, cura, lenisce, conforta, incita, non lascia. Un grido di gioia tra la sofferenza, un accenno di vera vita, un dire che non si è soli. La medicina sanante, la cura oltre ogni male, la risposta alla vita vera. Monsignor Di Cerbo ha poi voluto anche incontrare le volontarie dell’associazione AVO che ormai nell’ospedale di Piedimonte opera da ben 25 anni. “ Vi ammiro molto, che Dio vi custodisca in questa missione stupenda, che voi possiate essere col vostro sorriso, la vostra gioia, i vostri volti, imitazione del volto di Gesù , così da riuscire a lasciare anche col silenzio, il profumo di buono, la risposta confortante . Siate di aiuto e di appoggio verso quanti in questo ospedale hanno bisogno di amore. Si, portate amore. Dio ve lo ripagherà cento volte cento”. Insomma, due giorni racchisi in un messaggio chiaro: la consapevolezza per i cristiani di non essere soli ma chiamati, come Gesù, a farsi prossimo di quanti stanno male, a prendersi cura dei malati. “Che l’ospedale sia un luogo dove la misericordia è di casa– conclude il vescovo- dove la si sperimenta quotidianamente, là dove l’uomo fa fatica, soffre e si confronta con le domande essenziali della vita”.
A Monsignor Di Cerbo quindi, tutta la preghiera, l’appoggio e la vicinanza. Che mai perda la forza di proseguire il grande cammino che Dio ha tracciato per lui.