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“Ma voi, chi dite che io sia?”, la domanda di Gesù a ciascuno di noi. Tu, cosa risponderesti?

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voi, chi dite che io sia

A cura di don Andrea De Vico
Anno C – XII  per Annum (Lc 9, 18-24)

Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?» Pietro rispose: «Il Cristo di Dio»

Il termine “Cristo” è la traduzione greca dell’aramaico “Mashiah” (Messia), che significa “Unto”, “Consacrato”. Nel mondo biblico tutte le persone scelte a diventare re, sacerdoti e profeti (le massime cariche del tempo) ricevevano l’investitura mediante il segno dell’olio sul capo. Si tratta dello stesso gesto che oggi viene espresso per la consacrazione dei diaconi, dei presbiteri e dei vescovi, dello stesso olio che si usa per il Battesimo e la Cresima (“crisma” = “olio”; “cresimato” = “unto”). L’olio è sempre lo stesso, ma conferisce a ciascuno la sua particolare missione.

L’uomo biblico aspettava un “Unto” speciale, un “Messia”, un “Cristo” diverso dagli altri, perché specialissima doveva essere la sua missione: instaurare il Regno di Dio sulla terra. Alla domanda di Gesù, Pietro riconosce in lui il Messia atteso dalle generazioni. Ma la reazione di Gesù stupisce: in primo luogo, egli diffida gli apostoli dal parlarne (l’opinione pubblica non lo deve sapere), e poi fa tutto uno strano discorso su certe sofferenze, sconfitte e tribunali ingiusti, con un inaudito finale di risurrezione che rovescerà tutto. Strano Messia, strano Cristo, che non parla di trionfo o di dominio militare. Al contrario Gesù associa l’immagine del Messia a ben altro personaggio, strano anche questo, il “Servo sofferente” di cui aveva parlato Isaia, uno che dà la sua vita in riscatto per gli altri e che, pur bastonato e umiliato, vince con la mitezza dell’amore.

In epoca moderna l’idea messianica si è riproposta in infinite varianti. Il comunismo, ad esempio, è un deterioramento della visione messianica della storia. Il popolo eletto della classe operaia avrebbe dovuto abbattere la borghesia, instaurando un regime di giustizia ed uguaglianza. Anche il nazismo è una degenerazione dell’idea di Messia e di popolo eletto: Hitler avrebbe dovuto guidare la razza ariana a dominare su tutte le altre. Anche la scienza può dar luogo a un pericoloso messianismo quando, ad esempio, promette di risolvere tutti i problemi dell’umanità. Il pensiero positivista di fine ‘800 assicurava all’umanità un domani luminoso e felice grazie ai progressi tecnologici, un’idea cui certi ritardatari, oggi, non hanno ancora rinunciato. I più assennati hanno capito che la scienza e la tecnica, da sole, non garantiscono un bel niente.

Persino nel mondo del cinema, del fumetto, del videogioco e del cartone animato salta fuori un’analoga idea di messianismo spurio, falso, ingannevole. C’è sempre un eroe, un salvatore, un superman che arriva all’ultimo momento e sbaraglia tutti i nemici dell’umanità. La violenza non manca mai, avendo lo scopo di ridicolizzare e togliere di mezzo il nemico di turno. Lo scoppio finale della violenza è l’acme di tutta l’azione e viene salutata con un grido di entusiasmo. E’ difficile spiegare ai bambini che la giustizia può essere equilibrata non “togliendo” la vita agli altri, i cosiddetti “nemici”, ma “dandola”, come ha fatto quel particolare Messia chiamato Gesù.

È vero che la scienza progredisce nella conoscenza e nel dominio del mondo, ma contemporaneamente ci sta gettando in una forma di ignoranza molto diversa, più temibile: l’ignoranza del senso. Viviamo in un’epoca dominata da quelle che Spinoza chiama le “passioni tristi”, dove il riferimento non è più al dolore o al pianto (simboleggiati dal crocifisso alla vigilia della sua riabilitazione), ma all’impotenza, alla rabbia, alla disgregazione (“niente esiste, io esisto, dunque io sono niente”). Ci vuole davvero un Messia, ma uno di quelli veri!

 

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