A cura di don Andrea De Vico
Anno C – XVIII per Annum (Lc 12, 13-21)
«Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità»; «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore tra di voi?»
Un uomo della folla, affascinato dall’insegnamento di Gesù, gli chiede di pronunciarsi su una questione di eredità, perché faccia da paladino in una sua causa. Gesù non risponde, ma mette in questione la domanda stessa. Non sappiamo se quest’uomo avesse torto o ragione ma, stando alla reazione di Gesù, tutti e due i fratelli sono vittime della stessa illusione: l’avidità del possesso, il “desiderio smodato”, quello che i Padri greci chiamavano “pleonessia”, o possesso patologico delle cose. La pleonessia è il contrario di “anoressia”: dilata lo stomaco e si mangia tutti i rapporti umani: con i fratelli, le famiglie e l’arco delle generazioni. La legge che regola il diritto ereditario può dare torto a uno e ragione a un altro, ma non può guarire un cuore avido e malato di cose.
Gesù non condanna la proprietà, ma condanna chi accumula “per sé” e non fa niente “per il Regno”, non cioè arricchisce davanti a Dio. Non è sbagliata la ricchezza in sé, ma è il nostro atteggiamento ad essere sbagliato (cosi’ come domenica scorsa abbiamo visto un atteggiamento sbagliato di preghiera). L’uomo della parabola è uno che sa fare bene i suoi conti ma, scioccamente, non pensa che anche la vita comporta una rendicontazione finale. Nel momento in cui dice: “finalmente ho trovato riposo”, proprio allora dovrà lasciare tutto e scomparire dal mercato di questo mondo. Ecco la ricompensa di chi pensa ad arricchire solo “per sé”.
Ci sono frotte di gente che investono i soldi in borsa, si trovano a loro agio tra mercati, speculazioni e percentuali, ma alla fine non sanno dire nulla, assolutamente nulla, su dove tutto questo li sta portando, o dove vogliano andare. Magari stanno lavorando “per la crescita nazionale”, ma crescita di che cosa? Qual è il “modello adulto” che si vuole raggiungere? La crescita del mercato automobilistico, ad esempio, ha un limite, o finiremo per avere più macchine che alberi? Più roba, o più vita?
Per arricchire “davanti a Dio” Gesù offre tre suggerimenti. Innanzitutto, sottrarsi alla tentazione dell’affanno, quel fare le cose come se tutto dipendesse da noi. Ci sono persone che si fanno carico di problemi che non li riguardano, per poi atteggiarsi a degli Atlanti costretti a reggere il peso del mondo. Si tratta di una vera mancanza di fede: c’è un Padre che conosce i nostri veri bisogni, magari vi avrà già provveduto, ma la persona non lo vede, è troppo concentrata su di sé.
Il secondo suggerimento è quello di cercare innanzitutto il Regno di Dio. La persona che pone l’interesse del Regno al primo posto troverà spazio anche per le altre cose. Se una persona, facendo una valutazione erronea, mettesse l’accessorio al primo posto, non troverà mai tempo per il necessario: ci sarà sempre una scusa, un importantissimo dettaglio da curare da qualche altra parte.
Il terzo suggerimento è quello della solidarietà. Se conduciamo una vita sobria e soddisfacente, troveremo anche il modo di pensare agli altri che sono nel bisogno. Sono i poveri che aiutano gli altri poveri. Il ricco che accumula per sé non avrà mai niente da dare agli altri, a meno che non ci sia un tornaconto, un ritorno d’immagine. “Fiducia nel Padre” vuol dire godere dei beni semplici che arrivano, quando arrivano. Chi pensa alle cose in quanto cose da possedere, è molto lontano dal Regno, come quest’uomo preoccupato contro suo fratello, per questioni di eredità.