A cura di don Andrea De Vico
Anno C – XXI per Annum (Lc 13, 22-30)
“Signore, sono pochi quelli che si salvano?”
“Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”
Al tempo di Gesù c’era una questione teologica molto dibattuta: “sono pochi o molti quelli che si salvano?” Alcuni rabbini dicevano che tutto Israele si sarebbe salvato, perché Dio è fedele ai patti, mentre altri, più rigorosi, riservavano la salvezza solo a pochi osservanti (cioè e loro): “Dio ha creato il mondo presente per amore di molti, quello futuro per pochi”.
Nella folla c’è qualcuno che vuol sapere l’opinione di Gesù e gli pone la domanda. Come già altre volte, il Maestro non intende rispondere direttamente. Si tratta di una questione sterile, la cui risposta, quale che sia, non fa né freddo né caldo. Per esempio, mettersi a discutere se Dio esiste o non esiste non è di nessuna utilità per la vita pratica delle persone, alla fine ognuno rimane della sua idea e, seppure riuscissimo a metterci d’accordo che Dio esiste, il mondo rimarrebbe uguale, non cambierebbe un bel niente. Ci possiamo anche mettere a dissertare se la felicità esiste, se l’amore esiste, se la coscienza esiste … tutte cose alle quali ognuno da la risposta che più gli somiglia.
Gesù sembra sviare il quesito e va subito al nocciolo: a lui non interessa “quanti” si salvano, ma “come” ci si salva. Molti giudei avevano una falsa concezione della salvezza: si sentivano garantiti dall’appartenenza al popolo eletto, un po’ come noi oggi che ci sentiamo al sicuro solo perché siamo cristiani e battezzati, e abbiamo un vago sentimento di bontà e di onestà che ci fa sentire “a posto”. Magari ci scappa qualche bestemmia, ma non rubiamo e non ammazziamo nessuno. Facciamo le funzioni religiose e le processioni ai santi, e in più quando possiamo fare il bene lo facciamo. Se fossimo a scuola ci darebbero un cinque e mezzo, al massimo sei meno meno.
In realtà è molto pericoloso cullarsi sull’onda delle certezze di questo tipo, sentirsi in diritto di essere salvati, come se il paradiso già fosse assicurato, grazie al nostro senso etico o psicologico. Se ci presentassimo al Signore con delle credenziali di questo tipo, lui ci direbbe: “non vi conosco, non so di dove siete”. L’immagine evangelica è forte: in una casa c’è festa, e secondo l’uso del tempo sono tutti invitati, la folla si accalca. Chi prima arriva, si assetta e mangia. Ad un certo punto gli ambienti si riempiono ed è necessario chiudere i battenti: chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Il padrone di casa, una volta avviati i festeggiamenti, non aprirà più a nessuno, neppure agli amici o a quelli che si spacciano per amici di altri amici. E’ qui la festa? No porticina, no party!
Dovete dunque darvi da fare per entrare nel Regno: “sforzatevi … decidete … affrettatevi … fate la corsa a chi entra per primo …” Non importa sapere se i salvati siano pochi o molti: questo appartiene ai segreti di Dio. Da parte vostra non c’è tempo da perdere, dovete far presto se non volete arrivare in ritardo. Il fatto che qualche volta avete mangiato insieme a Gesù, o avete fatto la comunione tutti i primi venerdì del mese, non vorrà dire un bel niente.
Il Regno dei Cieli è fatto così. Quelli che si credevano ammessi non vi troveranno posto, mentre altri che vengono da fuori staranno accanto agli antichi patriarchi. Praticamente Gesù sta dicendo a chi l’ha interrogato: “non perderti in questioni inutili” “datti da fare per te stesso”. Una bella risposta anche per chi guarda quelli che vanno a Messa e tirano la stupida conclusione: “e io che ci vado a fare? tanto quelli non sono mica migliori di me!” Che ognuno pensi al fatto tuo!