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C’è gioia in Dio. È il messaggio del Vangelo di domenica 11 settembre

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A cura di don Andrea De Vico
Anno C – XXIV per Annum (Lc 15, 1-32)                                                                                                               

“Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione!”

Ci sono delle parabole che vengono pronunciate da Gesù nel bel mezzo di una polemica contro gli scribi e i farisei, i rappresentanti ufficiali della legge e della religione. Essi si considerano “giusti” solo perché leggono e si applicano alle Scritture, mentre tutti gli altri sono reputati “peccatori”. La categoria dei peccatori, dal punto di vista farisaico, è composta da gente che esercita attività riprovevoli (prostitute), mestieri detestati (commercianti, esattori delle tasse), e quelli che praticano i lavori “sporchi”, cioè a contatto con materiali “impuri”, come i pecorai, i conciatori di pelli, i raccoglitori di immondizie, che certo non hanno il modo o l’agio di applicarsi alle cose della religione come fanno loro.

 Gesù mostra di frequentare proprio questa gente, i cosiddetti “peccatori”. Un comportamento irritante per quelli che presumono di essere “giusti”. Mangiare e bere coi “peccatori” equivale a “entrare in comunione” con loro, cosa che scribi e farisei non sono disposti a tollerare da parte di uno che si dice profeta. Un buon pretesto per avere di che accusarlo. “Tutta invidia”, diremmo noi, a motivo del successo e della straordinaria popolarità di Gesù. Ecco allora i cavilli: “Se tu sei profeta, come giustifichi questa bella compagnia?” E Lui, per rispondere all’accusa, comincia a raccontare: “c’era una pecorella smarrita … c’era una donna che aveva perduto un denaro … c’era un padre che aveva due figli …” “e se un pastore fa festa per una pecorella riportata all’ovile … se una donna è felice per una moneta ritrovata … se un padre gioisce per il ritorno del figlio scapestrato … quanto più in cielo si farà festa per un peccatore pentito?” Gesù rivela il volto più intimo del Padre, quello della misericordia. Un Dio che ama il peccatore, lo cerca, lo attende alla soglia della porta di casa, e gioisce per il suo eventuale ritorno.

 Questa risposta è scandalosa, perché sconvolge i criteri più ovvi della “pastorale” del tempo, che divide gli uomini in pecore e capri, buoni e cattivi, giusti e peccatori. Gesù sconvolge la concezione stessa di Dio, presentandolo come un Padre benevolo, indulgente, pronto ad accogliere chi si era perduto. Gesù mette Dio davanti all’uomo, non l’uomo davanti a Dio. Egli invita i suoi interlocutori a vedere le cose dalla parte di Dio, non dalla parte del peccatore. “Così è Dio, e così sono pure io!” “Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori!” Accogliendo i peccatori, Gesù giustifica il suo operato raccontando parabole, appunto, dicendo di fare “come fa Dio”.

 Il risultato di questo discorso è travolgente: scroscio di applausi da una parte, livore dall’altra. I “giusti” ne escono irritati, destabilizzati, vorrebbero un altro tipo di padre, più severo, più giudice, meno padre. La novità di questo messaggio sta nel “comportamento” di Dio, che “cerca” il peccatore e “gioisce” del suo ritrovamento. Strano modo di parlare della conversione. Anche per noi, oggi, risulta difficile che una prospettiva del genere venga capita, visualizzata, adottata. Per noi convertirsi significa andare in Chiesa. Noi ci sentiamo più giusti di nostro, che amati da Dio. Prestiamo più attenzione a una nostra presunta onestà, che ai gesti d’amore da parte del Padre. Dividiamo il genere umano in pagani e cristiani, credenti e miscredenti, praticanti e non-praticanti, fino ad arrivare alla indiscutibile giustezza della nostra inestimabile persona. Attenzione: facendo in questo modo, mettendoci “dalla parte giusta”  per sentirci “a posto”, col tempo diventiamo molto simili ai farisei, pur andando la domenica a Messa o facendo la processione al Santo Patrono!

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