Secondo il Rapporto 2016 di Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale per la prima volta in Italia sono i giovani i più colpiti dalla povertà assoluta a causa della mancanza di opportunità lavorative. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. Si inverte perciò il vecchio modello di povertà italiano che vedeva gli anziani tra i più in difficoltà. Spicca inoltre la povertà dei rifugiati e dei richiedenti asilo, che rappresentano la percentuale più alta (57,2%) di chi si rivolge ai centri di ascolto Caritas, perché senza casa, lavoro e integrazione sociale. In Europa il 2015 è stato “l’annus horribilis” delle migrazioni per il numero dei profughi giunti via mare, quattro volte più dell’anno precedente.
di Patrizia Caiffa
Per la prima volta in Italia la povertà assoluta, che ha raggiunto i picchi più alti degli ultimi dieci anni, colpisce maggiormente giovani in cerca di lavoro e adulti rimasti senza impiego. E diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni.
Si inverte perciò, a causa della crisi economica ed occupazionale, il vecchio modello di povertà italiano che vedeva gli anziani tra i più in difficoltà.
Spicca inoltre la povertà dei rifugiati e dei richiedenti asilo, che rappresentano la percentuale più alta (57,2%) di chi si rivolge ai centri di ascolto Caritas, perché senza casa, lavoro e integrazione sociale. Sono alcuni dei dati più allarmanti che emergono dal Rapporto 2016 di Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale dal titolo “Vasi comunicanti”, reso noto oggi in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà. Il titolo invita a “leggere i nessi, frequentemente trascurati, che esistono oggi tra povertà, emergenze internazionali, guerre ed emigrazioni”. Il 2015 viene qui definito, infatti, “l’annus horribilis” per i movimenti migratori, non solo “per l’elevato numero di rifugiati, sfollati e morti” ma anche “per l’incredibile debolezza ed egoismo” di alcuni paesi europei nell’affrontare l’emergenza umanitaria.
In Europa, il numero dei profughi giunti via mare, ricorda il Rapporto, “è risultata quattro volte più grande dell’anno precedente”. In questo delicato momento storico “ricco di insidie e in cui in tutto il continente sembra riemergere la paura del diverso” Caritas italiana affronta il tema della povertà allargando lo sguardo oltre i confini nazionali. A conclusione elenca una serie di proposte per trovare soluzioni, in Italia e in Europa. Molte sono già note, tra cui quella rivolta al governo italiano di “un piano pluriennale di contrasto alla povertà” che porti all’introduzione graduale “di una misura universalistica”; politiche del lavoro contro la disoccupazione giovanile e percorsi di studio e formazione per i minori. Per i migranti Caritas italiana continua a chiedere, tra l’altro, l’apertura di canali sicuri e legali di ingresso nell’Ue sia con “l’introduzione di visti umanitari” nei Paesi di origine e di transito e “l’esenzione del visto se giustificato da motivi umanitari”. Oltre ad una maggiore solidarietà tra Paesi europei nell’attuazione dei finora “inefficaci” programmi di ricollocamento.
I giovani sono “i nuovi poveri”. In Italia, secondo l’Istat, sono dunque 4,6 milioni le persone in povertà assoluta, pari a 1 milione e 582 mila famiglie. Le situazioni più difficili sono nel Mezzogiorno: le famiglie con due o più figli minori, le famiglie di stranieri, i nuclei familiari con il capofamiglia disoccupato, operaio o giovane. E’ quest’ultimo particolare che rivela l’inversione di tendenza in un Paese dove i nonni e i genitori mantengono i figli e i giovani sono diventati i “nuovi poveri”. La percentuale più alta (10,2%) è rappresentata infatti dalla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. A seguire l’8,1% sono tra i 35 e i 44 anni, il 7,5% tra i 45 e i 54, il 5,1% tra i 55 e i 64 e il 4% oltre i 65 anni.
Nei Centri di ascolto il 57,2% di chi chiede aiuto è straniero. Il Rapporto presenta i dati raccolti presso i Centri di ascolto delle Caritas diocesane, antenne sensibili delle povertà nei territori. Stavolta le risposte sono venute da 1.649 Cda in 173 diocesi, che hanno incontrato 190.465 persone. A livello nazionale il 57,2% sono stranieri, anche se al Sud la proporzione è invertita: qui gli italiani sono il 66,6%. Nel 2015 i profughi e richiedenti asilo in fuga da guerre che si sono rivolti ai Cda sono stati 7.770, il 92,4% uomini proveniente da Paesi africani o dell’Asia centro-meridionale. Risulta molto basso il livello culturale: il 26% sono analfabeti, il 16,5% ha la licenza elementare e il 22,8% la licenza media. Lamentano in maggioranza situazioni di povertà estrema e mancanza di casa (55,8%). Chiedono perciò “pasti alle mense, vestiario, prodotti per l’igiene e servizi di pronta e prima accoglienza”.
Nel 2015 c’è un altro cambio di tendenza: per la prima volta c’è parità tra uomini e donne che chiedono aiuto ai centri, mentre prima prevalevano le donne.
L’età media è di 44 anni. I disoccupati e inoccupati rappresentano il 60,8% del totale. I bisogni sono di tipo materiale: spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,7%). Da non trascurare i problemi abitativi (25%) e familiari (13%).
Ventimila profughi nelle strutture ecclesiali e lotta allo sfruttamento. Il volume dedica uno spazio anche alla risposta della Chiesa italiana all’appello di Papa Francesco ad ospitare una famiglia di profughi. Secondo le stime Caritas al 9 marzo 2016 sono state attivate in 164 diocesi circa 20mila accoglienze: 12mila in strutture convenzionate con le prefetture-Cas (con fondi del Ministero interno); 4mila in strutture Sprar (con fondi del Ministero interno); 3.000 in parrocchie (con fondi diocesani) e 400 in famiglia o altre modalità di accoglienza (con fondi privati o diocesani). Al tempo stesso Caritas italiana ha attivato, nelle regioni dove arrivano i lavoratori migranti stagionali, il “Progetto Presidio”: il lavoro dei 18 presidi nei diversi territori ha permesso di far emergere dallo sfruttamento 3.901 lavoratori.