“Un’opera d’arte è vera se coinvolge una comunità”, con queste parole il maestro Vincenzo Sorrentino ha accompagnato la presentazione della sua tela con La trasfigurazione sul Monte Tabor collocata sulla volta della Madonna della Grazia, il santuario fuori città meta di pellegrinaggi e sosta lungo la via Fancigena del Sud.
E si è trattato davvero di un’opera corale, quella che ieri è stata presentata alla comunità di Alife (presente il Sindaco Cirioli e diversi rappresentanti dell’Amministrazione), frutto della ricerca dell’artista, ma prima ancora dell’impegno del rettore del Santuario don Emilio Di Muccio e del Comitato Madonna della Grazia, non senza il sostegno della Diocesi di Alife-Caiazzo.
La tela lunga 5,40 metri e larga 2,34 ben si colloca, nel rispetto delle proporzioni di tutta la struttura, nell’ovale recuperato dal soffitto più volte rimaneggiato e ristrutturato negli anni. Poco più di un mese e mezzo per la sua realizzazione, più una settimana di studio: tanto è bastato a Sorrentino per compiere un lavoro di sintesi perfetta di arte e teologia.
Il racconto della Trasfigurazione, come spiegato da don Cesare Tescione, parroco della Cattedrale, è preannuncio di Resurrezione, anticipo di una missione che Cristo darà in mandato ai suoi discepoli solo dopo la sua morte, è la prima manifestazione – nei discepoli . “di nostalgia del Cielo”: un punto di non ritorno che il Vangelo di Marco, al centro della sua totale narrazione, rivela tramite le parole di Dio “Questi è il figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!”.
A don Antonio Sasso, direttore dell’Ufficio diocesano Beni Culturali e Arte Sacra, il compito di spiegare ai presenti la difficile sfida della contestualizzazione di un’opera d’arte in un luogo precostituito, e per di più in un luogo mariano così che attinge a tutta la tradizione religiosa alifana: “Quest’opera, che ha Cristo al centro, richiama Maria quale realizzatrice di una umanità nuova rispondente al progetto di Dio, e perciò segno di speranza per l’intera umanità”.
Sguardi all’insù per ammirare le tre tele che costituiscono l’opera, leggera e luminosa che al centro ospita la figura di Cristo illuminato dal di dentro, da cui si irradia, sull’intera scena, la luce della sua trasfigurazione. Ed è proprio sulla “mistica della luce” che esalta la “gloria di Cristo” si è soffermato l’artista: “La divinità di Cristo emerge dalla luce che si irradia da lui e che filtra tutto ciò che lo circonda. La sua collocazione nella scena è stata la scelta più discussa, più meditata affinché la tela potesse comunicare in pieno l’evento teologico: Egli è sollevato da terra in modo da creare un punto di vista dal basso”, ha spiegato Sorrentino, in modo da creare lo spazio sufficiente ad ospitare gli altri personaggi della scena, Pietro, Giacomo e Giovanni.
Nelle lunette, Mosè ed Elia raffigurati secondo l’immagine più nota della loro “collocazione” biblica: per il primo, il roveto ardente; per il secondo il carro di fuoco.
Fuoco e luce, elementi naturali di congiunzione fra le tre scene.
Il Santuario della Madonna della Grazia, in un ottica di calorosa accoglienza del pellegrino, è stato negli anni arricchito di più opere, di pregiati lavori e in questo caso – su richiesta del Vescovo già manifestata anche in altri contesti – affidati ad artisti locali: “Questo particolare momento ricorda che l’annuncio del Vangelo tra la nostra gente è stato non solo fonte di fede, di santità e di crescita civile, ma anche strumento di promozione umana e di culto della bellezza. Infatti, grazie alla devozione semplice e profonda dei credenti, il nostro paesaggio si è arricchito delle opere d’arte e dei monumenti più significativi che anche oggi lo impreziosiscono, rappresentando gran parte del ricco patrimonio storico-culturale della Terra matesina”.
In questa prospettiva, Mons. Valentino Di Cerbo, ha parlato di trasfigurazione vera per la comunità di Alife: cogliendo in questa scena un momento di svolta per la vita dei discepoli, il Pastore ha chiesto l’impegno di tutta la comunità, “perché Alife sia trasfigurata, ritrovi in sè stessa la luce, la bellezza di essere comunità propositiva, che cambia, che guarda alla sua missione futura sul territorio”.
Un augurio e una sollecitazione accolti con sorpresa e con emozione, una spinta a fare di più, a fare meglio, a rialzare lo sguardo e riprendere il cammino che faccia di Alife una città di riferimento per l’Alto Casertano: le risorse, le potenzialità, le menti sono da rivalutare, da rilanciare.