Sono trascorsi 3 anni da quel 29 dicembre 2013 in cui una scossa di terremoto di 4.9 gradi della scala Richter, ad una profondità di 10 km, colpiva il Matese. Epicentro nel sottosuolo di Castello del Matese e aree limitrofe.
Era una domenica e alle 18.08, nell’attimo in cui la terra sussultò, molte persone erano in chiesa per la messa, ed essendo proprio queste i luoghi maggiormente danneggiati dalla scossa, fu tanto il panico da placare.
A Piedimonte Matese, tempestivamente l’arrivo dei Vigili del Fuoco di Caserta, e nei giorni successivi il capoluogo matesino divenne un efficiente centro di coordinamento impegnato per diverse settimane – con il fondamentale supporto della Protezione civile cittadina – a gestire le emergenze dei cittadini che avevano visto le proprie abitazioni danneggiate e rimanevano in attesa di verifiche sull’agibilità delle stesse.
Gli edifici maggiormente colpiti, e di conseguenza inagibili, risultarono 11 chiese della Diocesi, immediatamente chiuse in attesa di verifiche e urgenti lavori di messa in sicurezza.
Allestita in breve tempo da parte della Curia, la macchina organizzativa di tecnici incaricati di verificare con i Vigili del Fuoco ed esperti del settore le reali condizioni degli edifici; poi i primi passi verso il reperimento di fondi necessari a garantirne il restauro e quindi riavviare le attività pastorali parzialmente sospese.
L’8 marzo 2014 il Governatore della Campania Stefano Caldoro, accompagnato dall’on. Carlo Sarro, e dal vescovo Di Cerbo visitava la chiesa di Ave Gratia Plena e l’Episcopio per fare il punto della situazione e prendere visione dei danni provocati dal sisma. Qualche settimana più tardi le disposizioni del Governo Renzi (Atto della Camera, Mozione 1/00387) aprivano la strada ad una concreta possibilità, quella cioè – accertati gli effettivi danni alle strutture – di “verificare, di concerto con la regione Campania, la possibilità di utilizzare adeguate risorse finanziarie, anche a valere sui fondi aggiuntivi per la coesione territoriale, per provvedere alle necessità di riparazione di tutti i danni accertati”. Succesivamente, ancora la presenza di Caldoro a Piedimonte Matese (presso la chiesa francescana di Santa Maria Occorrevole) per la firma di un protocollo tra Regione e Diocesi che sancisse l’impegno della politica a favore del risanamento strutturale delle chiese oggetto di attenzione.
I progetti preventivi e le successive “ammissioni a finanziamento” consentivano alla Diocesi l’apertura dei cantieri e la partenza dei lavori; poi, il Decreto del Presidente della Campania Vincenzo De Luca che prevedeva l’erogazione dei fondi, metteva l’ultimo tassello ad un complesso disegno di recupero dei sacri edifici, fino alla totale riapertura degli degli stessi (dalla Cattedrale di Alife, alle chiese di Castello, e in ultimo la Chiesa del Carmine a Piedimonte Matese lo scorso novembre).
Un percorso non facile – segnato da lentezze burocratiche, qualche polemica, e dalla tragica morte di due operai sul cantiere di Santa Maria Maggiore – in cui la Diocesi di Alife-Caiazzo ha dimostrato trasparenza e scrupolosità nella spesa e gestione di denaro pubblico che la Regione Campania aveva concesso per i lavori.
A circa 3 anni da quei fatti, e dalle recenti feste che le comunità parrocchiali hanno riservato all’inaugurazione delle loro chiese recuperate, la Diocesi guarda con serenità al complesso iter che l’ha vista protagonista, nelle infauste circostanze del terremoto (che fortunatamente non hanno toccato le persone), di una nuova fase di recupero delle bellezze artistiche del territorio, testimonianza di una storia che si ama, si custodisce e si vuole trasmettere al futuro.
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