A cura di don Andrea De Vico
Isaia si rivolge a una Gerusalemme in rovina. Le torri sono abbattute, il tempio distrutto, le case in macerie, i sopravvissuti senza fierezza e senza volontà di riscatto. Ma Gerusalemme, città azzerata, viene chiamata dal profeta a risorgere: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce!” Anche noi nei momenti difficili ci lasciamo andare, non reagiamo più. Colpiti nelle cose più care, indossiamo abiti di lutto che diventano indispensabili, fino a non poterne fare più a meno, altrimenti non potremmo mostrare agli altri il nostro status di vittime del destino. La luce del sole? Meglio chiudere porte e finestre, meglio adattarsi alla penombra. Ci sono persone che si mettono a lutto per tutta la vita, infelicitando quella degli altri, costringendoli a delle ritualità perfettamente inutili. Queste persone non sono né morte né vive, ma vivono col pensiero del cimitero. Eppure dopo la tempesta, anche alla Gerusalemme rovinata viene offerta la magnifica possibilità di ricominciare.
“Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme”
I Magi sono uomini dal cuore inquieto: sete di conoscenza e bisogno di salvezza. Uomini in attesa che non si accontentano della loro posizione e delle loro rendite, ma si aspettano qualcosa di più grande. Dotti che dispongono di una formazione filosofica e che conoscono i movimenti degli astri. Il loro cammino esteriore è espressione di un atteggiamento interiore: la fiducia nel cogliere i segni e il mettersi in cammino per il solo fatto di aver intravisto un obiettivo promettente. Ci vuole coraggio per accogliere il segno di una stella come ordine di partenza verso una destinazione ignota, muoversi a partire da una base così incerta, rischiando tutto. Eppure i Magi trovano quello che cercano, e la gioia esplode all’infinito. Nello stesso momento Erode si rode il fegato, sperimenta un turbamento che lo porta a scegliere la tenebra: L’incontro con Dio necessita di segni, mediazioni, storie, persone. E’ sciocco pensare di poter avere a che fare direttamente con Lui. Pur attraverso i disastri della storia, ci sono segni di luce, possibilità di ripresa, persone che si incontrano. Anche noi possiamo trovare il Cristo nella quotidianità degli eventi e delle relazioni. Non dobbiamo lasciarci impressionare dal sarcasmo delle persone che, facendo la corte ai potenti, brillano di intelligenza solo apparente.
Neanche dobbiamo cedere a quella tenebra che persiste anche quando abbiamo celebrato il Natale. Certe volte il nostro cuore sembra un buco nero che inghiotte ogni luce, ma basta il lume di una candela per andare incontro al Signore: è lui la vera luce! Avendolo trovato diventeremo sorgenti di luce noi stessi, non avremo bisogno di un faro puntato su di noi per essere visti dagli altri, brilleremo di luce nostra, luce che viene dal di dentro, saremo noi a illuminare i fari!
Questa stella che brilla per tutti riguarda anche gli altri popoli e religioni. I Magi sono venuti senza che nessuno li abbia evangelizzati o inculturati. Hanno visto gli astri, hanno interrogato le scritture, hanno realizzato il nesso, hanno accolto la rivelazione. E’ lo Spirito che apre i cuori, senza esimere noi dall’arduo compito dell’evangelizzazione. Molti uomini tornano a Dio come i Magi, condotti dal richiamo interiore della grazia. Ovunque nel mondo ci sia un sincero cercatore della verità, ecco la luce di un Bimbo che si rivela. Difatti “Epifania” vuol dire: “manifestazione”.
Una lanterna per cercare l’uomo: la ragione. Una stella per trovare Dio: la rivelazione.