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Piedimonte Matese / Alife / Castello del Matese. Il meglio del patrimonio architettonico dal Medioevo al 1700

Sabato 21 gennaio la presentazione del libro dell'architetto Katiuscia Marino che per il suo dottorato di ricerca ha scelto Piedimonte Matese e sobborghi come contesto privilegiato di un florido periodo artistico che vede in Napoli il centro propulsore

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Una Piedimonte Matese inedita, quella che verrà presentata sabato pomeriggio attraverso il libro dell’architetto Katiuscia Marino, frutto del suo dottorato di ricerca in Progettazione architettonica e urbana e restauro dell’architettura.
Il volume, Il patrimonio architettonico ecclesiastico dell’antica diocesi di Alife: trasformazioni di preesistenze medievali e nuove creazioni tardo-barocche, analizza la florida stagione architettonica che tra Seicento e Settecento, ha impreziosito il territorio di Piedimonte e dei numerosi sobborghi che ne facevano parte, non senza toccare la stessa città Alife.

Data l’importanza dell’avvenimento, l’Ordine degli Architetti della Provincia di Caserta ha stabilito la possibilità, per chi partecipa, di acquisire due crediti obbligatori per la formazione annuale di chi esercita l’attività.

Merito di tanta produzione artistica, di derivazione napoletana, ancora una volta va reso ai principi Gaetani di Laurenzana i quali avevano aperto dalla città partenopea verso il Matese un canale privilegiato percorso da pittori, architetti, poeti.
Palazzo Ducale, per esempio, di proprietà un tempo della nobile famiglia, è oggi l’emblema di una città che prova in ogni modo a riconoscersi in un monumento che politica e Istituzioni a vario livello – nei decenni – hanno scelto di non amare, non considerare.
Il libro dell’architetto Marino non è solo il risultato di accurate ricerche presso l’Archivio di Stato di Caserta, ma ben oltre la documentazione storica, rappresenta l’occasione di un ripensamento nei confronti di un patrimonio che la città di Piedimonte Matese custodisce, forse inconsapevolmente.

Nella prefazione, a cura del professore Giuseppe Fiengo, tutor esterno della Marino alla tesi di Dottorato, infatti è forte l’auspicio che “l’ampia documentazione e la critica illustrazione (…) contribuiscano non solo a renderne diffusamente noto l’interesse culturale, ma anche ad incoraggiarne la fruizione da parte di un pubblico assai più vasto di quello locale e ad assicurare la rigorosa conservazione”. L’attenzione si estende anche ad Alife, dove altrettante pregiate realizzazioni hanno subito, in tempi recenti più o meno recenti, restauri che ne hanno alterato la funzione e la bellezza, come le cupole delle cappelle di San Sisto e del SS. Sacramento della Cattedrale di Alife.
Lavorazioni tardobarocche sapientemente innestate sulle precedenti costruzioni medievali del Matese, e a fare da filo conduttore, nella gran parte del patrimonio archivistico preso in esame, i contratti di fabbrica tra i Vescovi (in particolare Mons. Angelo Maria Porfirio) e gli artisti o mastri artigiani che sapientemente prestarono genio, inventiva, originalità in quei tratti che si discostarono parzialmente dallo stile napoletano, assumendo segni più “locali”.
La chiesa del SS. Salvatore, quella di San Sebastiano, la Basilica di Santa Maria Maggiore, Ave Gratia Plena a Piedimonte Matese; la Cattedrale ad Alife; gli edifici di culto di Castello del Matese: non c’è chiesa del territorio immune dall’influsso di questo tempo artistico che ancora oggi fa di Napoli, il simbolo di un barocco unico, custodito in zona matesina con premura (seppur in passato si parli di discutibili restauri) da vescovi, confraternite, sacerdoti ai quali va il merito di aver pensato, progettato, finanziato, tramandato tali ricchezze artistiche.

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