Ad Amatrice per parlare ai giovani “ma in realtà sono io che dovrei ascoltare loro perché hanno molte cose da dire”. Parlare del terremoto? “Non avrei aggiunto nulla a ciò che è stato detto. Ho invece una grande curiosità di ascoltare.
Ciò che hanno vissuto questi giovani è una prova enorme. Da loro ho solo da imparare”. E un sogno da condividere: “Mi piacerebbe che qui tornasse ad esserci un cinema, un teatro. Sarebbe bello tirare su una sala. Dovrei cominciare a rompere le scatole in giro, bussare alle porte delle case cinematografiche, a Rai Cinema…” dice ridendo, ma non troppo. “La normalità rende straordinaria ogni cosa. Gesti normali, come per esempio andare al cinema, ci aiuta a dire che siamo ancora vivi”. Così Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, regista di “La mafia uccide solo d’estate” e di “In guerra per amore”, racconta il suo incontro con i giovani avvenuto ad Amatrice.
Ad Amatrice per parlare ai giovani “ma in realtà sono io che dovrei ascoltare loro perché hanno molte cose da dire”. Parlare del terremoto? “Non avrei aggiunto nulla a ciò che è stato detto. Ho invece una grande curiosità di ascoltare. Ciò che hanno vissuto questi giovani è una prova enorme. Da loro ho solo da imparare”. E un sogno da condividere: “Mi piacerebbe che qui tornasse ad esserci un cinema, un teatro. Sarebbe bello tirare su una sala. Dovrei cominciare a rompere le scatole in giro, bussare alle porte delle case cinematografiche, a Rai Cinema…” dice ridendo, ma non troppo. “La normalità rende straordinaria ogni cosa. Gesti normali, come per esempio andare al cinema, ci aiuta a dire che siamo ancora vivi”.
Freddo glaciale e tanta neve hanno accolto, domenica 8 gennaio, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, conduttore televisivo, regista e attore, ad Amatrice dove era stato invitato dalla diocesi di Rieti per il Meeting dei Giovani 6-8 gennaio). In un lungo colloquio con i circa 200 partecipanti, che affollavano la tensostruttura messa a disposizione dalla Protezione civile, Pif, regista di “La mafia uccide solo d’estate” e di “In guerra per amore”, e la giornalista Benedetta Tobagi, anche lei ospite al Meeting, hanno toccato diversi temi, come educazione, legalità, lavoro, identità, integrazione. A fare da filo conduttore il tema del Meeting, “Solo l’amore”.
Pif, il terremoto ha suscitato la grande solidarietà e il carattere generoso degli italiani. Ma questo tempo della ricostruzione chiede soprattutto trasparenza e legalità…
L’Italia è un Paese di cuore quando ci sono fatti tragici come il terremoto. La gente è generosa, si danna per fare qualcosa di buono.
Nell’emergenza si pensa al prossimo. Nella quotidianità, invece, ci perdiamo. In questo caso si pensa al prossimo per fregarlo.
Mi tornano alla mente quegli imprenditori che ridevano, parlando del terremoto dell’Aquila, pensando già a quanto avrebbero guadagnato con gli appalti.
Appunto. Per la rimozione delle macerie di Amatrice e Accumuli si parla già di appalti a una ditta sotto processo per traffico di rifiuti e truffa. Come evitare, o meglio, prevenire questi fatti?
A un cittadino non si può chiedere se la ditta che ha vinto un appalto è pulita o meno. A questo deve pensare la Magistratura che interviene se c’è un reato.
Come cittadini abbiamo la possibilità, entrando in cabina elettorale, di scegliere persone oneste, quelle che fanno politica per costruire una società onesta.
Anche i partiti al loro interno devono operare una selezione.
Educare all’onestà. Dove è possibile portare avanti questa missione?
Educare all’onestà, alla passione civile, alla cittadinanza: non ci sono altre vie e soluzioni che la scuola. Ma serve innanzitutto farci un esame di coscienza. Noi campiamo sull’approsimazione delle leggi e del loro rispetto. I Paesi che noi giudichiamo più civili sono quelli in cui la regola è la regola. Senza eccezioni. Una cosa che per noi italiani è difficile. Io credo fortissimamente nella verità. Essere sincero paga, anche se ti complica la vita.
E anche per questo che non tutti sono disposti a denunciare l’illegalità e il malaffare?
Serve onestà intellettuale. Quando denunci qualcosa di illegale lo fai per amore della tua città, della tua nazione, diceva il giudice Borsellino.
Denunciare non significa screditare un Paese, o una parte di esso. La mafia non è del Nord o del Sud…
Ai giovani di Amatrice che ti chiedevano come fare per preservare la propria identità, minacciata dal terremoto, tu hai risposto che non bisogna restare prigionieri del proprio territorio. Come conciliare queste due visioni?
Credo che si possa preservare la propria identità sociale, comunitaria, senza restare prigionieri del territorio. Io sono di Palermo. Posso andare a vivere anche in Canada ma resterò sempre palermitano, legato alla mia terra, alle mie radici. Comportandomi da onesto cittadino rendo un servizio al mio Paese anche se sono lontano. Non si può fuggire dal luogo dove sei nato perché lì hai le tue radici.
Cosa porti via dall’incontro con i giovani ad Amatrice?
La loro voglia e lo sforzo di non arrendersi, di continuare a lottare. E questo barattolo di miele locale (sorride, ndr) che mi hanno donato poco fa, al termine di questa giornata. Mi dicono che sia buonissimo!