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Beati i poveri. La parola che sconvolge gli schemi. Commento al vangelo di domenica 29 gennaio

Commento al Vangelo. Anno A - IV per Annum (Mt 5, 1-12a)

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A cura di don Andrea De Vico

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”

La parola “povertà” non piace, e talvolta non piacciono neppure i poveri. Comunemente la povertà è vista nella sua versione economica, come mancanza di beni essenziali. In un contesto utilitaristico, la povertà è effetto di incapacità, pigrizia o fannullaggine: chi è povero, se la prenda con se stesso. Se poi andiamo nelle religioni che fanno capo alla dottrina della reincarnazione, la povertà è sempre colpa di chi la subisce, a motivo dei peccati commessi in una vita precedente. La povertà è una condizione necessaria per espletare la purificazione dell’anima.

Un filosofo ha detto che il cristianesimo, opponendo i valori del cielo a quelli della terra, è la religione dei deboli, dei vinti. Ai poveracci che non sanno farsi spazio in questo mondo, e non sanno darsi il permesso di godersi la vita, non rimane altro che la consolazione dell’altro mondo. La morale dei deboli, che si nutre di abnegazione e sacrificio, è nata in opposizione a quella dei forti. Negando il valore di questa vita, i deboli si vendicano dei forti e conseguono il loro tornaconto.

San Paolo scrive ai Corinti mettendo in evidenza che nella loro comunità non ci sono persone importanti dal punto di vista sociale. Non ci sono nobili, potenti, sapienti. Questo è anche il ritratto della nostra comunità cristiana, oggi. Gli uomini facoltosi e le donne che vogliono sfilare certamente non vengono a Messa per le loro esibizioni di forza e di stile. Dio sceglie quelli che per le grandezze mondane sono considerati gente comune, di poco conto.

Gesù guarda ai poveri con simpatia, addirittura li considera destinatari privilegiati del Regno di Dio. Lui stesso si è fatto “povero” coi poveri, ha detto che Dio predilige i poveri e gli umili. Che significa che i poveri sono privilegiati? L’affermazione sembra irrealistica, improponibile, incoerente, irritante, irrispettosa. In realtà, nel Vangelo di Gesù, la “povertà” è una particolare disposizione del cuore davanti a Dio: “beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Si tratta di una povertà “di spirito”, qualcosa che ha a che fare con il mio intimo, i miei orientamenti, le mie scelte, gli altri, Dio. Si tratta di un atteggiamento di povertà volontaria, scelta in vista del “regno dei cieli”, cioè dei veri interessi di Dio.

Anche Sofonia parla di un “resto” d’Israele, di un piccolo gruppo di poveri, un pugno di gente che ha tra le mani le sorti dell’umanità futura. E’ questo il popolo di Dio: gente che nel cuore coltiva la giustizia, la fedeltà, la mitezza, un piccolo gruppo capace di reggere l’urto delle forze militari. Il futuro dell’umanità è in mano ai poveri! Ed è in questo serbatoio di poveri che Dio sceglie i suoi eletti, per confondere le manie e l’orgoglio di chi si crede importante!

Attenzione anche alla finta povertà di una falsa vocazione. Talvolta ci sono anime “candide”, anche tra i giovani, che per una particolare disposizione psicologica tendono alla cancellazione di sé, non vogliono essere se stessi, hanno deciso di non essere nessuno, non vogliono valere niente, per cui decidono di “darsi a Dio” e chiamano questo “povertà”. L’estremismo della vocazione religiosa è perniciosa almeno quanto la mancanza di fede. Che se ne fa Dio di uno che ha una così bassa stima di sé da sentire di non valere un bel “niente?”

Da quando Cristo ha parlato, quel giorno alla montagna, i vecchi valori si sono capovolti. Denaro, potere e prestigio impallidiscono, davanti alla nuova realtà del Regno!

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